Sciopero Scala: è stonato anche per i compagni

Anche la sinistra molla i lavoratori della Scala. Maestri d’orchestra e maestranze (in tutto quasi novecento dipendenti) si scoprono un po’ più soli. Abituati al ricatto di Sant’Ambrogio, scoprono di aver forse tirato un po’ troppo la corda. Che l’ulteriore privilegio (non bastassero gli altri) di poter minacciare il sipario calato nel giorno della prima non va giù nemmeno a chi finora li ha appoggiati. «Il muro contro muro rischia di screditare tutti, senza ottenere risultati concreti», la strigliata che arriva da Sinistra Democratica per bocca di Pino Landonio, consigliere comunale, Paolo Matteucci, assessore provinciale e Marco Cipriano, vicepresidente del consiglio regionale. Il contratto integrativo è un diritto dei lavoratori, spiegano, ma «le richieste economiche siano “compatibili” con la situazione generale del Paese». Calma con i soldi, dunque, è l’invito. «Moderazione» o almeno «la diluizione su più bilanci». E poi «non si perseguano forme di lotta ricattatorie, ma si tenga conto del diritto degli utenti a usufruire delle prestazioni della Scala». A confermare che il vento è cambiato, scende in campo anche l’Ulivo. «La complicata trattativa non può arrivare a mettere in discussione la data simbolica, cruciale e patrimonio di tutti i milanesi del 7 di dicembre. Le parti cerchino il dialogo, ovviamente, in relazione alle compatibilità economiche relative alla situazione del Paese». Parola di Marilena Adamo (capogruppo) e Pierfrancesco Majorino (consigliere) a palazzo Marino. Gente non certo sospettabile di connivenza con il Palazzo.

«Importante - spiegano - la disponibilità ribadita dal governo ad aprire il tavolo nazionale per rivedere la Legge Asciutti e crediamo significativi i risultati ottenuti al Senato con l’emendamento alla Finanziaria, primo firmatario Carlo Fontana, grazie al quale si arriverebbe, tra l’altro, alla possibilità di “assunzioni a tempo indeterminato di personale artistico e tecnico” nel caso in cui fosse necessario “sopperire a comprovate esigenze produttive”». E la Moratti? Ha «fiducia nel sovrintendente». E non può che lanciare nuovamente «un appello al senso di responsabilità per la prima, un momento importante per la città». Questa volta non più da sola.

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