«Lo scivolone? Non ha alcun peso politico»

da Roma

Chissà, forse sarà stato il caldo, o magari l’aria degli ultimi giorni di scuola prima delle vacanze. Per Fabrizio Cicchitto comunque «una cosa è certa, dietro il voto non c’è nessun segnale da cogliere». Lo scivolone sul decreto milleproroghe, sostiene infatti il capogruppo Pdl alla Camera, «non ha alcun significato politico: si è trattato solo di un incidente d’aula in cui la Lega non è stata determinante». Ma Antonello Soro, presidente dei deputati Pd, la vede diversamente: «Tutte le volte che questa maggioranza affronta il Parlamento senza il voto di fiducia, va sotto». E Pierferdinando Casini chiede al governo di «approfittare di quanto avvenuto per ritoccare il testo».
Quanto ai diretti interessati, i «franchi tiratori», si giustificano così. «Io ero certo di aver votato contro l’emendamento del Pd sui combustibili - dice Paolo Russo, Pdl -. Evidentemente devo aver premuto il tasto sbagliato». Di errore parla pure il capogruppo del Carroccio Roberto Cota. «La Lega era presente in massa e ha votato contro. Ci sono state assenze di altri e il voto favorevole dei deputati dell’Mpa, poi singoli sbagli nella votazione prontamente segnalati ed egualmente distribuiti tra i gruppi». Quattro quelli leghisti: Giampaolo D’Amico e Guido Dozzo si sono astenuti, Guido Dussin e Alessandro Montagnoli hanno votato a favore dell’emendamento del centrosinistra. «La Lega non è stata determinante, si guardino i numeri prima di parlare - insiste Cota -. Resta il fatto che si tratta di una correzione di carattere minimale e non vi è alcun rischio di decadenza». Il decreto dovrà in ogni caso ripassare al Senato.
Chi invece sicuramente non ha sbagliato pulsante è la pattuglia, cinque su otto, degli autonomisti siciliani. «Il nostro è un voto a favore del mondo agricolo - spiega Luciano Sardelli -.

Intendere come carburanti sintetici i derivati di gas e carbone avrebbe penalizzato fortemente le imprese agricole e la produzione delle biomasse. Il governo ha fatto un errore a non accogliere il nostro ordine del giorno».

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