RomaForse latout, il jolly, la carta vincente di Ugo Cappellacci è stato proprio il suo stare nelle retrovie, il suo rifuggire i riflettori, il suo essere schivo, quasi timido. «Non è un professionista della politica», lo ha elogiato Silvio Berlusconi, aprendo la campagna elettorale a Cagliari. In campo lo ha fortissimamente voluto lui, il Cavaliere. Ha scommesso su un uomo serio e pacato ma sconosciuto ai più. In molti hanno pensato a un suicidio: per battere un pezzo da novanta come Soru, amato e odiato fino alleccesso, forse si poteva puntare su un candidato più brillante, più noto, più popolare. Ma per fare gol non è strettamente necessario essere Ronaldinho o Ibrahimovic. Basta giocare, giocare bene e buttarla dentro quando hai loccasione giusta.
Mite e fiducioso come piace al premier, Cappellacci non ha mai voluto stare sopra le righe: «Non chiamatemi anti-Soru o Gianni Chiodi sardo, preferisco essere me stesso. La Sardegna non ha bisogno di un monarca e nemmeno di un depresso, cè bisogno di aria nuova», il suo motto appena sceso in campo. Quarantotto anni, laurea in Economia e commercio, master alla Bocconi, tre figli. Fiscalista di professione, Cappellacci è un tecnico prestato alla politica, avendo in passato ricoperto il ruolo di assessore al Bilancio al Comune di Cagliari. Segni particolari: testardo, come tutti i sardi del resto, ma soprattutto ottimista e franco. Lui, dicono, a differenza di Renato Soru, guarda in faccia le persone con cui parla. Lottimismo lo ha ereditato dal nonno materno, Carlo Meloni, primo sindaco di Iglesias nel 1944 e componente della consulta per lo statuto sardo. Certo, ha sottolineato limiti e contraddizioni del suo avversario ma senza urlare, senza colpire là dove poteva. Franchezza e asprezza fin che si vuole, ma anche lealtà: «Non mi piacciono i colpi bassi, voglio soltanto far passare il mio messaggio, far capire il mio programma», ha sempre ripetuto in campagna elettorale, da Nuoro a Cagliari, da Oristano a Orosei. «Il mio progetto è modernizzare la Sardegna, senza cancellare tradizione e valori».
E anche quando gli arrivavano schiaffi a ripetizione lui, il mite Ugo, ha sempre evitato di rispondere per le rime. Enrico Letta, ministro ombra del Welfare del Pd, lo sbeffeggiava come fosse un carneade qualsiasi: «Vogliamo che nella sua prima visita in Italia Obama venga accolto da Cappellacci?», ironizzava ad Alghero con suprema spocchia. Di Pietro nemmeno lo considerava e quando doveva parlare di cose sarde, lo bypassava con spregiudicata ironia: «Il candidato vero è Berlusconi. E Berlusconi non vuole accettare la sfida con il candidato Soru, e nemmeno i suoi collaboratori, a partire da Cappellacci». Ma gli attacchi più ruvidi, per il candidato del Pdl, sono arrivati dallUnità, quotidiano del suo avversario diretto. Il giornale ha gettato fango sul suo passato e scherno sul suo presente e sul suo futuro. «Il Grande sconosciuto», lo apostrofava il foglio di Concita De Gregorio che così lo ha ritratto: «Commercialista di Cagliari, coordinatore regionale di Forza Italia, faccia da bravo ragazzo, applicato, studioso, silenzioso, in pratica allevato in culla, figlio di Giuseppe, anche lui commercialista di Berlusconi». E ancora: «Questo parvenu della politica è solo una foto sorridente, scelta da Gavino Sanna, il pubblicitario, per reclamizzare meglio gli interessi del potentato dinteressi che sta contro Soru». E poi lappello, oggi sappiamo chiaramente inascoltato: «Non credete ai miracoli, alla favola del ragazzo serio che in cinque anni è passato dallo studio commerciale di papà alla candidatura a governatore della Sardegna».
In Transatlantico, a Roma, quando si parlava di Sardegna, spesso si sentivano risolini e ironie. Antonello Soro faceva spallucce: «Sento Beppe Pisanu che parla di sorpasso di Cappellacci su Soru... Ma di che parlano? La verità è che anche quelli del Pdl hanno i sondaggi in mano e vedono le piazze: si affannano a raccontare favole».
In verità pochi hanno creduto in lui.
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