Lo sconto sulle tasse fa bene all’industria

Mentre i politici che si nutrono di politichese affermano che il governo Berlusconi è in crisi e non fa le riforme, sta prendendo corpo una riforma epocale, del lavoro, nelle aziende e nel suo regime fiscale che orienta la nostra industria alla produttività. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha presentato al Consiglio dei ministri il piano triennale del lavoro, che prevede la riduzione dei contributi e la tassazione agevolata per la parte variabile del salario collegata alla produttività, con particolare riguardo a ciò che viene pattuito nei contratti decentrati territoriali. Per cominciare, Sacconi ha dichiarato che tutta la parte del salario collegata alla produttività degli accordi di Pomigliano, ossia lavoro notturno e straordinario, sarà tassata nell’Irpef al 10%. Si tratta di circa 3mila euro lordi annui di base imponibile per la figura media di lavoratore metalmeccanico. Il piano del lavoro di Sacconi contiene anche la promozione dell’arbitrato allo scopo di deflazionare le cause sul lavoro che ammontano a 1,2 milioni, la riforma dello Statuto dei lavoratori, l’emersione del lavoro nero e irregolare, l’addestramento professionale per accrescere l’occupazione, collegando meglio domanda e offerta di lavoro.
Ma il tema del giorno, la vera rivoluzione, riguarda il regime fiscale e contrattuale del lavoro collegato alla produttività, secondo il modello di Pomigliano. Il piano di Sacconi ha avuto il consenso di Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, e di Luigi Angeletti, leader della Uil, nonché della Confindustria e della Confcommercio. Viene bocciato dalla Cgil, che lo definisce pomposo, ma senza novità.
Invece, la novità c’è ed è enorme. Infatti, il nuovo modello contrattuale di Pomigliano, con il corredo di una cospicua riduzione fiscale e forse di una riduzione contributiva, per i turni notturni e di lavoro straordinario rivolto a realizzare il massimo sfruttamento degli impianti, sta diventando popolare. Bonanni annuncia che tale modello verrà imitato in varie parti di Italia. E il Cer (Centro Europa Ricerche) ne sottolinea l’importanza, facendo notare che nell’apparato industriale italiano c’è un’ampia quota di capacità produttiva inutilizzata e che ciò genera una considerevole perdita di produttività e di competitività. L’aumento dell’utilizzo degli impianti con turni di lavoro maggiori e maggiore flessibilità della manodopera, comporta la crescita della produttività e, quindi, anche dei salari, senza danno per la competitività. Ciò può generare maggiore occupazione, tramite il fatto che gli impianti si ammortizzano in un periodo di tempo più breve e diventano più convenienti i nuovi investimenti. Dal punto di vista tributario la riduzione dell’imposta sulla retribuzione del lavoro nei turni di notte e per gli orari straordinari ha una giustificazione in termini di equità, perché il sacrificio che compie il lavoratore allo scopo di produrre il suo reddito, cioè il suo costo soggettivo, in queste ipotesi, è maggiore che per il lavoro negli orari ordinari. Tale riduzione di imposta ha una giustificazione anche dal punto di vista della convenienza per il fisco, perché gli orari straordinari e i turni di notte sono lavoro in più. Danno luogo a una maggiore base imponibile.

E, quindi, il gettito fiscale con questo «sconto» non decresce ma, nel complesso, aumenta, appunto come quando, nel commercio, si fanno gli «sconti» di prezzo per accrescere il volume delle vendite. Il gioco è a somma positiva per tutti: per le imprese, per i lavoratori, per il fisco.

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