Hanno deciso che non intendono fermarsi, nonostante i quaranta morti di piazza Tahrir, nonostante i feriti siano ormai oltre 1.700 e in città manchino addirittura le bare per seppellire le vittime. Ieri rischiavano la vita per cacciare il regime di Mubarak e oggi tornano in strada, armati di sole pietre, contro lo strapotere dellesercito. I manifestanti egiziani non si fermano, anzi rilanciano. Vogliono una seconda rivoluzione. E per portarla a termine hanno convocato anche per oggi una giornata di mobilitazione per chiedere alla giunta militare di farsi da parte e arrivare alla formazione di un governo di «salvezza nazionale», dopo aver ottenuto le dimissioni del premier e del governo. Ma non basta. La «Coalizione dei Giovani Rivoluzionari del 6 aprile» chiede lanticipazione delle presidenziali ad aprile 2012, mentre arriva la notizia della liberazione della candidata Butaina Kamel, fermata laltroieri.
Gli scontri di questi giorni sono il culmine di una lunga scia di violenza in Egitto. Scontri e repressioni non si sono fermati in questi nove mesi seguiti alla caduta del raìs Hosni Mubarak l11 febbraio. Erano trascorsi meno di trenta giorni dalluscita di scena dellex presidente quando l8 marzo scorso si sono registrati i primi disordini nellest della capitale. Odio religioso tra musulmani e cristiani copti, che protestavano per lincendio di una chiesa. In tutto 13 morti. È linizio di un triste bollettino. Il 9 aprile i manifestanti tornano in piazza Tahrir per chiedere che Mubarak sia processato e spingere per la fine del potere dei militari. Anche in quelloccasione una persona rimane uccisa. Un mese dopo, il 7 maggio, la tensione sale di nuovo tra copti e musulmani in un quartiere popolare del Cairo. E stavolta le vittime sono 15. La violenza non si ferma in estate, quando i sostenitori della giunta militare e le forze dopposizione tornano a fronteggiarsi. A settembre e ottobre lo scenario non cambia. Il centro della capitale è lepicentro di un braccio di ferro politico e ideale sul futuro dellEgitto. Ma anche di un corpo a corpo in cui si contano centinaia di feriti. Fino allultima tragica tappa, quella dei giorni scorsi, che non si è ancora chiusa e rischia di diventare ancora più sanguinosa.
«I militari al potere in Egitto sono venuti completamente meno alla promessa di migliorare i diritti umani e si sono resi invece responsabili di violazioni che in alcuni casi hanno persino superato quelle dellera di Hosni Mubarak». Il rapporto di Amnesty International sulloperato dal Consiglio supremo delle forze armate (Scaf) è impietoso.
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