Scontro tra Lega e Bertinotti E l’Aula diventa la curva sud

Deputato leghista cita gli «africani sulle spiagge» e il presidente della Camera lo censura. I cartelli di Cento: «Fatevi una canna». Il Carroccio: «Siete Pinocchi»

Adalberto Signore

da Roma

Colpa di una settimana di votazioni forsennate o forse dell’ineluttabile avvicinarsi della seconda domenica della legislatura da passare chiusi in Aula, fatto sta che alla fine la pazienza la perdono un po’ tutti. Regalando ai cronisti e al Paese la più classica delle bagarre da scolaresca. Questa volta, però, con protagonisti celebri, se è vero che pure Fausto Bertinotti arriva a farsi prendere un po’ la mano regalando alla Lega la scusa giusta per dare il via alle danze.
Tutto inizia poco dopo l’una di notte, quando l’emiciclo assiste un po’ assonnato all’intervento del leghista Alberto Filippi. Il deputato vicentino ha appena presentato un ordine del giorno contro la compravendita abusiva sulle spiagge, invase - dice Filippi - «da africani e cinesi». È a questo punto che dai banchi della maggioranza si alza qualche mugugno e partono due o tre fischi. Con chiosa repentina del presidente Bertinotti: «Bisogna avere più rispetto per le persone».
Apriti cielo. Il lungo sabato passato sugli scranni alle prese con la fiducia sul maxi-emendamento può finalemente concedere qualcosa alla noia. I deputati della Lega esplodono contro Bertinotti, reo di aver «censurato» Filippi che «parlando di africani e cinesi non ha offeso nessuno ma solo descritto una situazione di fatto». L’opposizione continua con i mugugni, mentre il vicecapogruppo leghista Roberto Cota si avvicina al banco della presidenza e chiede «lumi». Bertinotti riprende la parola e ribadisce il concetto: «Nessuna censura, ho solo chiesto più rispetto per le persone...». Non basta. Tra i banchi della Lega la protesta si sta già organizzando, pare su iniziativa di Davide Caparini. Sui computer della saletta sopra l’emiciclo vengono stampati una quindicina di cartelli che arrivano dritti dritti in Aula. Bertinotti coglie il movimento. E prima cerca una mediazione inviando un bigliettino a Cota, poi decide di presidiare la zona leghista dell’emiciclo con uno squadrone di una decina di commessi. Tutto inutile, la levata di cartelli arriva puntuale come la fiducia sulla Finanziaria. «Bertinotti l’africano», recita la scritta il cui copyright va con ogni probabilità a Caparini.
Ancora urla, grida e fischi. Paolo Cento, sottosegretario all’Economia de lotta e de governo, non resiste e fa uno pari. Senza neanche prendersi la briga di andare a stampare il concetto, prende carta e penna e verga d’impulso la sua personalissima replica. Poi, con un sorriso soddisfatto, espone il dispaccio verso i banchi del Carroccio: «Fatevi una canna».
Mancano pochi minuti all’una e mezzo quando tra schiamazzi e brusii Bertinotti è costretto a sospendere la seduta. «Abbiamo assistito a un comportamento disdicevole e censurabile», spiega il presidente della Camera. Che dà mandato ai deputati questori di aprire un’istruttoria «per individuare gli autori della protesta». Si torna in Aula e, approffitando pure della stanchezza, si tira avanti nella noia fino alle 3.35 di mattina.
Il secondo round arriverà qualche ora più tardi, durante le dichiarazioni di voto sulla Finanziaria con tanto di diretta televisiva domenicale. Con la Lega che si riscopre di lotta e va a segno ben due volte.

Prima salutando l’intervento del suo capogruppo Roberto Maroni con uno stuolo di cartelli alquanto eloquenti («Prodi vattene»), poi tributando a Piero Fassino un plotone di ciondoli con la miniatura di Pinocchio, fatti arrivare per l’occasione direttamente dalla Valstrona dal piemontese Enrico Montani.

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