La cacciata dei quattro (i cui nomi non sono stati resi noti, ma che, si lascia intendere, avrebbero svolto attività spionistiche) dimostra concretamente che Gordon Brown, il premier laburista succeduto poche settimane fa a Tony Blair, intende mantenere la linea dura voluta dal suo predecessore su un caso che ha suscitato enorme irritazione in Gran Bretagna e che rischia di portare a un livello molto basso i rapporti bilaterali con la Russia di Vladimir Putin.
Poche ore dopo l’annuncio del ministro degli Esteri britannico David Milliband, infatti, il suo collega russo Sergei Lavrov ha reagito anche nel corso di una telefonata con parole molto dure, definendo le espulsioni decise da Londra «immorali» e preannunciando «gravi conseguenze» a quella che ha chiamato «un’evidente sceneggiata».
Le posizioni dei due governi non potrebbero essere più distanti. Brown ha detto di volere buone relazioni con la Russia ma che «era tempo di agire» e continua a pretendere l’estradizione di Lugovoi per processarlo in Gran Bretagna. Londra esprime «estremo risentimento» per il rifiuto di Mosca in tal senso e ha già respinto una proposta russa di portare alla sbarra il presunto killer di Litvinenko in un tribunale moscovita, dubitando della sua equità. Il mese scorso Putin aveva definito rudemente «stupida» la richiesta britannica, e il suo governo si trincera dietro la Costituzione russa, che vieta l’estradizione di suoi cittadini, salvo accordi bilaterali che con Londra non esistono. Un’impasse che non fa che accrescere la collera del governo britannico per la mancata soddisfazione da parte russa dopo il proditorio assassinio a Londra, con metodi spettacolarmente brutali, di un cittadino britannico.
«La nostra scelta non è antirussa e non avremmo voluto arrivare a tanto - ha detto Milliband -, ma non avevamo alternative. Il governo russo non ha capito né quanto seriamente trattiamo questa vicenda né la gravità della stessa, nonostante i negoziati ad alto livello nei quali abbiamo chiaramente spiegato i motivi della necessità di una risposta limpida». Il ministro ha spiegato di aver ordinato anche la sospensione dei negoziati per la facilitazione dei visti d’ingresso e di star valutando ulteriori restrizioni nella cooperazione bilaterale. Ha poi fatto notare che in teoria, se Lugovoi lasciasse il territorio russo, la sua estradizione sarebbe tuttora possibile.
Tutt’altra musica da parte di Mosca, che minaccia ritorsioni «con gravi conseguenze sui rapporti bilaterali in generale».
Il punto chiave della dura replica del portavoce del ministero degli Esteri Kamynin riguarda la delicata questione di Boris Berezovsky, il magnate russo che ha trovato rifugio in Inghilterra per non fare la fine di Khodorkovsky (incarcerato per frode fiscale e privato del controllo del colosso petrolifero Yukos) e che da lì minaccia Putin di lavorare per estrometterlo dal potere. Kamynin accusa Londra di non collaborare con Mosca sulla estradizione di Berezovsky, equiparandola a quella richiesta per Lugovoi. Va ricordato che Lugovoi e Litvinenko si erano incontrati nel pomeriggio dello scorso 1° novembre nel bar di un albergo del centro di Londra, e che la sera stessa Litvinenko accusò i primi sintomi dell’avvelenamento da sostanze radioattive che lo portò alla tomba dopo tre settimane di dolorosa agonia. Lugovoi fu poi curato nello stesso reparto di un ospedale moscovita creato per le vittime del disastro atomico di Cernobil, ma ha sempre negato ogni coinvolgimento nell’assassinio dell’ex collega. Sul letto di morte Litvinenko, che aveva “cambiato campo” tempo addietro rifiutando a suo dire l’incarico di uccidere Berezovsky, accusò esplicitamente Putin di aver ordinato di eliminarlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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