Una clinica per aborti clandestini nel quartiere cinese di Milano, a due passi dal centro. Cinque immigrati, regolari in Italia, sono stati denunciati a piede libero, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata agli aborti clandestini e violazione delle normative sull’interruzione di gravidanza, perché coinvolti nell’attività di una "clinica" improvvisata in un appartamento di Milano, alla quale, secondo la polizia, si rivolgevano presumibilmente una media di tre-quattro donne a settimana per interrompere la gravidanza.
La vicenda era stata denunciata mercoledì scorso dalla trasmissione televisiva «Le Iene» e giovedì mattina gli agenti del commissariato Sempione hanno individuto l’appartamento in via Paolo Sarpi 8 (in piena Chinatown), che però era stato già abbandonato dalle "mammane" orientali che lo abitavano da luglio. La polizia quindi è risalita ad un altro appartamento in uno stabile di via Perini, nella zona di Quarto Oggiaro, dove sabato sera sono stati sorpresi l'improvvisata "dottoressa" e suo fratello, gli stessi ripresi nel servizio de «Le Iene».
Nell’abitazione gli agenti hanno rinvenuto tutto l’occorrente di base, medicinali (quasi tutti prodotti in Cina) e ferri chirurgici, per praticare gli aborti. Alla "clinica", per quanto ricostruito al momento, ricorrevano esclusivamente donne di origine cinese, anche minorenni e in stato avanzato di gravidanza, anche grazie alla complicità del passaparola a cui contribuivano il titolare e il gestore di una erboristeria che si trova in una traversa di via Paolo Sarpi, che forniva il numero di cellulare delle «mammane». Si tratta di due uomini intorno ai 35 anni, incensurati, nella cui erboristeria sono stati rinvenute diverse confezioni di farmaci cinesi per i quali bisognerà accertare se siano o meno legali in Italia. Agghiacciante le modalità con le quali venivano svolte le interruzioni di gravidanza che costavano 250 euro per l’operazione e altri 50 euro per i medicinali
Una delle due "mammane", entrambe sui 40 anni, era già stata denunciata nel 2004 a Reggio Emilia per gli stessi reati e condannata. Sentiti con l’ausilio dell’interprete, gli indagati hanno inizialmente negato, ma davanti alle evidenze delle prove in mano agli investigatori hanno fatto alcune ammissioni. Le indagini sono in corso per chiarire esattamente le responsabilità dei singoli indagati e accertare se ci siano altre persone coinvolte. Per gli indagati si configura il reato di associazione per delinquere finalizzata all’aborto clandestino e di violazione delle norme prescritte dalla legge 194, che regola l’interruzione di gravidanza.
Le donne cinesi che si sono rivolte alle "mammane" avevano paura che i medici degli ospedali dove si sarebbero rivolte per abortire le avrebbero denunciate perchè irregolari.
È uno dei dettagli che emerge dalle indagini condotte dagli uomini del commissariato Sempione: le due donne che eseguivano gli aborti in alcuni casi hanno convinto le giovani a non andare in ospedale, dicendo che avrebbero perso tempo in colloqui, sarebbero scaduti i 90 giorni di gravidanza e non l’avrebbero più potuta interrompere. In media, secondo gli investigatori, ogni settimana si facevano operare dalle 3 alle 7 pazienti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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