Il Cairo - Un riconoscimento durato 104 anni. Più di un secolo di confronti, studi e ricerche nel tentativo di dare un volto e una storia alla mummia femminile trovata nel 1903 dall’archeologo britannico Howard Carter in una tomba vicino Luxor. E oggi il responso: si tratta della regina Hatshepsut, nota come la donna che si nominò farone. La scoperta della sua identità è la seconda in ordine di importanza dopo il ritrovamento delle tomba di Tutankhamon nel 1922. Il regno di Hatshepsut risale a 3.500 anni fa, durante la XVIII dinastia, dal 1520 al 1483 a.C.
La mummia della regina Il corpo di regina, avvolto dalle bende e cosparso di resine profumate, era stato spostato dalla sua tomba originaria, la Kv20 nella Valle dei Re a Luxor, ad una vicina, la Kv60. E’ lì che è stata ritrovata e, da quel momento, è cominciata una vera e propria ricerca scientifica per stabilirne l’identità con assoluta certezza. Nel secolo che è trascorso tra il ritrovamento e l’attribuzione dell’identità, gli esperti hanno concentrato i propri studi su quattro mummie senza nome che erano state attribuite alla regina Hatshepsut. Dopo una serie di indagini, due salme sono state scartate. Sulle altre è stato effettuata la prova del Dna. Ma a sciogliere il mistero ci ha pensato l’analisi di un dente, un molare perfettamente conservato e attribuibile solo a uno dei corpi mummificati presi in esame. “L’identificazione certa della mummia è stata possibile grazie al matrimonio tra tecnologia, scienza e archeologia”, hanno dichiarato il ministro della Cultura egiziano Farouk Hosni e il segretario generale del Consiglio Superiore per le Antichità Zahi Hawass in una conferenza stampa presso il Museo Egizio del Cairo.
Tra mito e realtà Si riapre in questo modo uno dei capitoli più affascinanti dell’Antico Egitto. La regina Hatshepsut, la figlia più giovane di Thutmose I e della Grande Sposa Reale Ahmose, era una donna molto forte e capace di giocare “sporco” per salvaguardare i propri interessi, dimostrando di essere allo stesso livello degli uomini. Per questo motivo, il movimento femminista pubblicizzò molto la sua storia. Come fece in occasione della sua nomina di regina: non accettò di essere stata nominata reggente a tempo limitato, in attesa di lasciare la corona al figliastro, Hatshepsut, così diede avvio ad una campagna propagandistica per dimostrare che il padre l'aveva nominata sua diretta discendente e quindi era in diritto di salire al trono. A coronamento di tale opera di propaganda Hatshepsut si nominò coreggente insieme a Thutmose III si attribuì tutte le prerogative ed i titoli della sovranità.
Leggende Nonostante durante il suo regno l’Egitto abbia intrapreso numerose campagne militari per riaffermare la propria supremazia sui paesi stranieri, le biografie che la riguardano ne danno un’immagine molto romanzata e romantica: donna bellissima e pacifista, “la più grande donna nella storia”. Un bel salto di qualità rispetto alle leggende del XIX secolo che la vedevano come una strega, la matrigna che aveva usurpato il trono di Thutmose III. In altri racconti popolari, invece, sarebbe stata proprio la regina Hatshepsut, la principessa che trovò il neonato Mosè, abbandonato in una cesta sul Nilo. Ma si tratta di una leggenda, quest’ultima, che sia gli egittofili che gli studiosi della Bibbia smentiscono.
Eroina dei videogame Da regina d’Egitto nella realtà ad eroina dei videogiochi il passo è enorme, specialmente se tra il primo e il secondo evento sono trascorsi dei millenni.
La vita di Hatshepsut, infatti, non ha alimentato solo la fantasia degli antichi cantastorie: la bellissima regina usurpatrice del trono d’Egitto è diventata uno dei personaggi storici protagonisti del videogioco di strategia Sid Meier’s Civilization IV, e il suo tempio funebre è stato riprodotto anche nel videogame Serious Sam.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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