Fermi tutti, il momento è grave. Barbapapà è tornato in cattedra. Non di domenica, giorno canonico del suo sermone ma di mercoledì. Uno Scalfari (nella foto) in «edizione straordinaria». Imperdibile per coloro che vogliono abbeverarsi alla sua scienza. Stretta la presa sulla prima pagina di Repubblica, ci siamo tuffati nella sua articolessa con il solito impegno, il tema daltronde non ci lasciava scampo: «Islam, la chimera dei governi moderati». La prosa scalfariana è collaudata: per non sbagliare si parte da lontano. E così si è passati soavemente dalle Crociate alla rivolta dei Boxer in Cina, dalla Reconquista di Cordova allapartheid, dal Messico al Brasile fino a Madrid e Londra, perché «il contesto storico», ragazzi, «è questo». Dialogando con Io (fonti autorevoli confermano: è se stesso) il Fondatore ha snocciolato la storia della civiltà e finalmente sappiamo che «in nessuno di questi Stati esiste la democrazia». Perbacco, siamo in presenza di rivelazioni illuministiche. E dopo il Papa (ma appena un gradino sotto), arriva lui, Eugenio Scalfari, a chiedere «reciprocità» ai governi islamici.
È uno Scalfari da collezione, un enciclopedista che coltiva il dubbio, indica una possibilità, forse bisogna «scommettere sulla trasformazione di Hamas», ma poi lascia il percorso onirico e si abbandona leopardianamente al pessimismo cosmico perché è inutile «spiegare queste cose a un padano come Calderoli».
È Scalfari, cogliere il suo pensiero per noi è una chimera.
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