Scoperto il bluff del sindaco: il doppio stipendio a Tabacci è già impossibile per legge

Niente da fare. Nonostante la rivolta, Bruno Tabacci rimane pervicacemente aggrappato alla doppia poltrona. «Come un Mastella qualsiasi», l’ha battezzato arguto Beppe Grillo. Una vita da democristiano non si dimentica in un amen. E alla poltrona da parlamentare, con annessi ricco stipendio, pingue pensione e benefit d’ordinanza, non si rinuncia. Neppure dopo aver già posato i glutei su quella ben più prestigiosa di assessore al Bilancio. Tutti ne parlano, ma lui non si scompone. «La trovo una discussione provinciale - ribatte con una certa spocchia - Se c’è qualcuno che pensa che Milano possa fare da sé, ha capito poco. E questo a prescindere dalla presunta incompatibilità tra i miei incarichi». Resistere, resistere, resistere è il mantra del tabaccisauro da oltre un trentennio sulla scena. La cui vocazione all’ubiquità è difesa a oltranza dal neo sindaco Giuliano Pisapia, pronto a dimenticare la sua prima intervista dopo l’elezione al Corriere della Sera dove giurava in prima pagina «meno consulenze e basta doppi incarichi». Una promessa già dimenticata. Così come Pisapia sembra dimenticare la legge che regolamenta le retribuzioni di parlamentari e amministratori assicurando che «doppia poltrona non significa doppio stipendio». E lo ripete. «Tabacci non percepirà lo stipendio da assessore» quasi a voler mostrare le specchiate doti morali del suo nuovo pupillo. Nessuno sforzo, perché l’obbligo di rinunciare a uno dei due stipendi è stabilito per legge. «Da quando sono stato eletto parlamentare - racconta Riccardo De Corato - all’inizio dei mandati ho dovuto sottoscrivere una dichiarazione per escludere la possibilità di cumulo dei due stipendi. In quattordici anni, non ho mai percepito un solo euro come vincesindaco. L’onorevole Tabacci, nonostante le ambigue dichiarazioni del sindaco Pisapia, non percepirà il doppio stipendio: non per sua libera scelta, ma perché lo obbliga la legge».
Ma a sinistra le polemiche non cessano. Soprattutto dopo la durissima uscita del segretario metropolitano del Pd Roberto Cornelli. «Il divieto di doppio incarico istituzionale è una necessità, oltreché una regola statutaria del Pd che abbiamo rispettato fino in fondo. Sono sicuro che Tabacci si voglia occupare pienamente della città di cui è assessore». Meno sicuro è Tabacci che, almeno per il momento, di «occuparsi pienamente della città» non ha nessuna intenzione.
Coerente, invece, la scelta di Filippo Penati. Che sull’onda della polemica tutta interna alla sinistra, era stato attaccato dal coordinatore provinciale di Sel Daniele Farina. A conferma dell’asse di ferro Vendola-Bindi che puntella Pisapia. «Carissimo Roberto - l’uscita di Farina - leggo della tua posizione sul doppio incarico attualmente in capo a Bruno Tabacci. Mi risulta oscuro perché Filippo Penati mantenga dal 2009 l’incarico di vicepresidente del consiglio regionale e contemporaneamente quello di consigliere provinciale, capogruppo del gruppo a lui intitolato». Immediata la replica. «In data odierna - comunica Penati in serata - mi sono dimesso da consigliere provinciale.

Ho mantenuto l’incarico in questo ultimo anno anche dopo l’elezione in Regione perché sono diventato consigliere a palazzo Isimbardi in seguito alla candidatura a presidente alle elezioni provinciali del 2009. Non mi è mai piaciuto chi fugge quando perde e ho inteso così mantenere l’impegno preso con gli oltre 500mila elettori milanesi che allora mi hanno votato». La resa dei conti nella sinistra è appena cominciata.

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