Scoppio di piazzale Libia condannato l'inquilino

Un anno e mezzo al giovane nato in Ucraina accusato di incendio doloso: "Voleva morire"

Scoppio di piazzale Libia condannato l'inquilino
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Condannato a un anno e mezzo di carcere, con pena sospesa. Ieri la Sesta sezione ha deciso la pena per il ragazzo che nel settembre 2020 avrebbe fatto esplodere il proprio appartamento con il gas, causando ingenti danni al palazzo in cui abitava.

Sono passati quattro anni e mezzo da quel sabato 12 settembre, erano circa le 7.15, quando un'esplosione al piano terra di un condominio ha scosso piazzale Libia e tutto il quartiere. L'unico ferito, molto grave, è stato l'inquilino proprio del bilocale a piano terra. A.S., 33 anni, nato in Ucraina e poi adottato, faceva il barman e aveva lavorato anche nei locali di Dolce & Gabbana in centro. Un passante lo ha soccorso e salvato. Poco dopo è finito sotto accusa della Procura: voleva togliersi la vita e per questo ha provocato volontariamente l'esplosione, è la tesi dei pm. Da qui il processo finito ieri, in primo grado, in cui il giovane era assistito dall'avvocato Francesco Isolabella.

Il ragazzo era finito in ospedale in condizioni gravissime e ha rischiato di morire. Aveva l'80 per cento del corpo ustionato, ma dopo il coma e mesi di terapia intensiva era riuscito a riprendersi. Ha assistito a molte delle udienze del processo a suo carico, accanto a un difensore che si è battuto con trasporto, oltre che con consulenze tecniche ampie e dettagliate, per farlo assolvere. Per la Procura, la fuga di gas non è stata un incidente, bensì è stata provocata dall'imputato. Avrebbe staccato il tubo dall'impianto, trovato appunto scollegato ma integro dai vigili del fuoco che hanno fatto il sopralluogo.

Non c'erano stati altri gravi danni alle persone. L'appartamento del 33enne è andato completamente distrutto e tutto il palazzo era stato dichiarato inagibile. I condòmini erano rimasti fuori casa per giorni. Nel processo erano presenti due parti civili: il proprietario del bilocale devastato e l'inquilino di un appartamento adiacente. Pur dicendosi «colpiti» dalla storia di A.S., chiedevano il risarcimento dell'«enorme danno» subito.

Il giovane ha sempre ripetuto che al suicidio non aveva mai neppure pensato e il consulente della difesa aveva sostenuto che la fuga di gas aveva avuto cause accidentali in un impianto mal messo e che poi l'esplosione aveva staccato il tubo incriminato.

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