Liscio e perfetto. Infinito per lati eppure conchiuso. Regolato dallindefinitezza affascinante del Pi greco, bellissimo numero irrazionale che sembra non aver mai fine.
Il cerchio è la figura geometrica per eccellenza, disegno magico per eccellenza. Simbolo di completezza, deterno ritorno e di mistero che sfugge al calcolo. Tanto che non se ne può fare a meno nei proverbi, nelle frasi idiomatiche: chi nasce tondo non può diventar quadrato, trovare la quadratura del cerchio, avere un cerchio alla testa... e via dicendo.
Di tanta varietà di significati, del loro enorme retaggio culturale, il più delle volte, distrattamente, ce ne dimentichiamo. Calciamo senza pensarci una palla (sfera non è altro che cerchio allennesimo) oppure fissiamo, ignari, il cerchio acquoso che il boccale lascia sul tavolo dove era posato (il boccale in fondo è cilindro che altro non è se non cerchio quasi allennesimo).
Di questa costante presenza matematico-simbolica si ricorda, invece, benissimo Luciano Cresci, ingegnere con la passione per la scrittura. Nel suo Il cerchio curva perfetta (Hoepli, pagg. 206, euro 16,50) racconta con piglio divertente, ma sempre scientificamente preciso e informatissimo, tutto quel che cè da sapere su Sua Rotondità.
Così si passa, senza soluzione di continuità, dal suddetto Pi greco alle terzine dantesche («Qual è il geomètra che tutto saffige/per misurar lo cerchio, e non ritrova,/pensando, quel principio ondelli indige»). Da Euclide al «setaccio» di Apollonio, dai compassi ai calendari e dai calendari a Castel del Monte (che non è tondo ma pieno di calcoli basati su circonferenze astrali). Senza trascurare ruote, pulegge, trulli, cupole, illusioni ottiche, monete e segni zodiacali.
Alla fine leggendo, a furia di ragionare in tondo, vi girerà un po la testa.
Del resto guardate che bellissima descrizione riesce a sfornare Cresci per quella che banalmente chiamiamo roulette: «Cerchio magico, incantatore sottile, pozzo di speranze, mago dillusioni...».
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