Chi sono i genovesi a Londra? Persone impegnate. Busy, busy, busy, come la città della Regina pretende.
C'è Roberto Nastrucci fondatore del club della Sampdoria londinese, direttore di banca e per un soffio chairman del Rotary della City, se solo avesse avuto il tempo; c'è Duilia Moller, piemontese di origine, ma genovese di adozione, che dopo aver viaggiato per mezzo mondo è a Londra a occuparsi attivamente de «Il Circolo», l'unica associazione di italiani che si vedono. Perché spesso, bisogna dirlo, il compatriota si nasconde e sfoggia una sorta di snobismo verso chi parla la stessa lingua, neppure fosse un imbarazzante compagno di periferia.
C'è Sagida Sayed, genovesissima nonostante le origini pakistane, brillante giornalista che ha tentato di salvare Radio Londra con tutte le sue forze. Non riuscendoci, ahimè, perché naturalmente ci vogliono soldi. Molti e uno sponsor illuminato che ci creda.
C'è chi i soldi invece li vede in quantità enormi, dovendoli controllare, come Mario Kaiser, l'unico architetto italiano preposto a sovraintendere i Giochi olimpici del 2012 e il loro bilancio.
Sua moglie, Beatrice Raggio, è forse più impegnata di lui, a scattare magnifiche fotografie, molte delle quali a bambini che, si sa, mai stanno fermi e rendono la cosa quasi impossibile.
C'è naturalmente chi non si abbassa mai, perché vola alto nel suo jet privato della sua flotta di aerei, come Sir George Gaggero, l'uomo più ricco di Gibilterra, forte delle sue origini savonesi. Da quel trattato di Utrecht del 1713, che diede una delle colonne d'Ercole agli inglesi, Gibraltar è diventata un'enclave di liguri, che mangiano cima e panissa, ricordando con amarcord la loro «patria».
C'è poi Stefania Rivers Rondini che, controcorrente, ha invece rinunciato alla sua bella carriera di broker per accudire i bellissimi figli.
Al Bazaar di Natale, nel cuore di Chelsea, ci sono le note borse fatte a mano da un nostro compatriota velista, che vendono con grande successo, neppure si fosse tornati in Albaro, a dimostrazione di quanto inglesi e genovesi siano «una faccia, una razza».
E, tra le strenne natalizie più gettonate, c'è anche «Il Paradiso in terra» (Bruno Mondadori), il libro di Alessandro Scafi, che ha passato dieci anni a cercare sulle mappe antiche il paradiso terrestre. Scafi è romano, ma non poteva mancare un capitolo interamente dedicato a Colombo. Anche lui convinto di averlo trovato, nel Katai-America.
C'è poi Luigi Omiccioli, di professione dentista, che però non delude mai in poesia, vincendo più volte un annuale concorso all'Istituto di Cultura di Belgravia creato dal lungimirante Pino Ferrara, per preservare la nostra lingua italiana, ahimè sempre più in estinzione.
E c'è in trasferta da Milano Roberto Perrone, che presenta il suo libro all'Italian Bookshop, a due passi dalla National Gallery: «Averti trovato ora» (Mondadori): una storia d'amore tra un calciatore e una storica dell'arte. Niente di trascendentale, ma per molti «qualcosa di cui si ha bisogno a Natale». In copertina sassi forse della spiaggia della natia Camogli, golfo veramente del paradiso in terra come vorrebbe Scafi, e immagine gradevole per i liguri-londinesi abituati alle clorotiche giornate britanniche. Fa bella mostra accanto all'apprezzatissimo «Una parentesi luminosa» di Marella Caracciolo, che tutti si chiedono se sia lei, e sì, lo è; o all'appassionante «Vado a Shangai per comprarmi un cappello» di Bamboo Hirst.
C'è, infine, Francesca Centurione Scotto, che ha presentato «Un tea con Batoni», Viaggio nelle dimore degli inglesi del Grand Tour, in occasione della grande mostra di Lucca, (che ha inaugurato il 6 dicembre) e, nelle sale del Ritz, il ricettario Ottocentesco del Principe Paolo Borghese, il padre per intendersi di Scipione, il favoloso protagonista della Pechino-Parigi (entrambi Pacini Fazzi Editore). La cena di charity per i buongustai, con le ricette principesche, andrà a favore del restauro della tomba del Foscolo di Chiswick. Tomba simbolo del nostro Risorgimento, ma oggi in stato di abbandono. Se, infatti, la città del Big Ben è al top del turismo natalizio e di capodanno, in passato, era la mecca di diseredati e esiliati politici, spesso liguri. Come rammenta anche il nostro Edmondo de Amicis, nel suo «Ricordi di Londra».
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