A scuola coi martelli pneumatici

Fino ad oggi, vi abbiamo risparmiato le vicende locali del Partito democratico. É roba triste, tristissima, già a livello nazionale - dove i contendenti sono Veltroni, Letta e Bindi -, figuriamoci a livello locale, dove i due candidati alla segreteria regionale sono tale Tullo e tale Olivari. E dove si discute se Claudio Burlando debba essere o no il capolista del Ponente cittadino nelle elezioni interne e se Marta Vincenzi abbia o no il diritto di veto su tale candidatura.
Fatte le debite proporzioni, è come accapigliarsi sul fatto se sia Rockerduck o Paperone a candidarsi alla guida del club dei ricconi di Paperopoli o se, magari, all’improvviso, Ciccio di Nonna Papera possa ambire a sorpresa al delicato incarico. Con tutto il rispetto per Rockerduck, Paperone e Ciccio di Nonna Papera, tirati in ballo dall’irriverente parallelo.
Lo ripeterò fino alla noia: è roba da malati di politica. Lo è anche quando ci si occupa di cose simili nel centrodestra, sia ben chiaro. E come tale la trattiamo. É quanto di più lontano ci sia dalla politica vera, nel senso alto e nobile di occuparsi dei problemi dei cittadini e non di occuparsi tout court. Poi, certo, non ci si può stupire della forza dirompente di quello che dice Beppe Grillo in confronto a queste vicende.
Fra le cose che vi abbiamo benevolmente risparmiato, però, ce n’è una che, se i protagonisti ne avranno il coraggio, potrebbe essere più importante e seria delle altre. Ed è la decisione di molti centristi della Margherita e non solo di non aderire al partito democratico. Nomi di primo piano come il segretario regionale ligure Rosario Monteleone, forse il consigliere regionale supervotato Giovanni Paladini, l’assessore comunale Paolo Striano, il più liberale del centrosinistra Gibì Pittaluga, mai abbastanza rimpianto. Insomma, l’argenteria di famiglia del centrosinistra.
Forse - e dico forse - si tratta dei centristi più sinceri. Il «forse» è dovuto al fatto che, sino ad ora, tutti questi signori hanno avuto difficoltà a imporre le proprie idee nella loro coalizione. E, anche quando hanno provato meritoriamente a smrcarsi, le loro idee sono sempre state fagocitate dai diktat della sinistra massimalista e dalla triste acquiescenza dei sedicenti riformisti dell’Unione. Molto sedicenti e poco riformisti.
Oggi, Monteleone, il Pitta e gli altri, hanno la possibilità di sganciarsi. Come stanno facendo Dini e i suoi a livello nazionale. Non vagheggiando improbabili terzi poli, che non avrebbero spazio in una società ormai bipolare. E nemmeno entrando arrendendosi senza condizioni nel centrodestra: sarebbe un’ingiusta umiliazione della loro storia personale. Ma, probabilmente, da iniziative come queste, anche a livello locale, potrebbe nascere un nuovo schieramento di moderati. Che non potrebbe non avere in Forza Italia (partito maggioritario persino in Liguria) e nel nucleo storico del Polo la sua guida.
Nei giorni scorsi, sul Secolo XIX, è stata pubblicata una bellissima lettera dei quattro figli di Vittorio Pertusio che contestavano l’arruolamento postumo del loro papà nel Partito democratico da parte di sindaci ed ex sindaci dell’Unione.

Noi non faremo l’errore opposto di dire che Pertusio sarebbe stato un inquilino della Casa. Ma ci piacerebbe tanto una politica moderata che ripartisse da Pertusio, dalla sua nobiltà e dalla sua integrità. In una parola, la Politica.

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