La scuola dei mille paradossi: a Como nove maestre per una classe

Così il "modulo" moltiplica i docenti alle elementari. La Gelmini: "L’Istruzione non sia un nuovo caso Alitalia"

La scuola dei mille paradossi: a Como nove maestre per una classe

da Roma

Meglio tutte le classi con un unico maestro oppure un’unica classe con nove maestri?
Proprio mentre il ministro Mariastella Gelmini finisce nell’occhio del ciclone, bersagliata dagli attacchi del Partito democratico e circondata dalla generale diffidenza di tutto il mondo della scuola nei confronti di qualsiasi cambiamento, dalla provincia di Como arriva la segnalazione di una sola prima elementare con ben nove insegnanti, neanche fosse una prima liceo.
Segnalazione che offre ampi spunti di riflessione sulla degenerazione del sistema organizzativo del modulo, ovvero l’attuale assetto che prevede tre insegnanti su due classi, ai quali poi si aggiungono spesso il docente di inglese, quello di religione, quello di musica e chi più ne ha più ne metta. Un’esperienza che il ministro intende concludere per tornare al maestro unico, affiancato sempre dall’insegnante di lingua.
All’Istituto comprensivo di Como-Albate in una prima elementare il numero delle maestre che ogni giorno entrano in classe sarebbe schizzato addirittura a nove. Chissà che cosa ne pensa il ministro che, facendo riferimento a modelli pedagogici adottati in molti paesi, ha più volte ribadito che i bambini più piccoli hanno bisogno di un unico modello di riferimento. La segnalazione sarebbe arrivata al viceprovveditore, Rossella Siporso, che proprio domani dovrebbe incontrare la preside dell’Istituto comprensivo, Debora Izzo per verificare come l’organico effettivo della classe possa comprendere ben 9 insegnanti, tra i quali non vi sarebbero docenti di sostegno.
Tra le novità che il governo intende introdurre dal prossimo anno scolastico è proprio quella del ritorno al maestro unico che più impensierisce i sindacati: in totale dovrebbero essere circa 130.000 i posti di lavoro da tagliare. Il ministro su questo punto è stato chiaro: meno insegnanti ma più preparati e meglio pagati. Anche ieri la Gelmini, mentre partecipava al forum dei giovani imprenditori di Confcommercio a Venezia ha fatto di nuovo appello al senso di responsabilità soprattutto dell’opposizione visto che il Partito Democratico appare deciso a cavalcare la tigre della protesta, anzi ad aizzarla.
«Mi auguro che l’opposizione ci ripensi, torni a toni pacati e si possa mettere al centro l’interesse della scuola e dell’università - ha detto il ministro -. Non facciamo della scuola un altro caso Alitalia».
Rivolgendosi poi ai genitori ed agli insegnanti, che anche ieri a Venezia l’hanno contestata, la Gelmini ha ricordato che la nostra scuola così com’è oggi «forma poco ed ha perso il ruolo di ascensore sociale: non possiamo fermarci di fronte a falsi problemi, perdendo di vista il fatto che il Paese cresce nella misura in cui cresce la qualità della scuola e dell’Università». Il ministro poi, riferendosi anche alle contestazioni subite a Roma, ha confessato che non si aspettava che, facendo il ministro dell’Istruzione, si sarebbe dovuta avvalere «della collaborazione delle forze dell’ordine per discutere i temi della riforma».
A sostegno della Gelmini l’intervento del ministro delle Politiche Giovanili, Giorgia Meloni: la scuola si è trasformata in uno stipendificio, ha detto, perdendo di vista gli obbiettivi educativi.
«In Italia ci sono più collaboratori scolastici che carabinieri - dice la Meloni -.

Il numero di coloro che una volta venivano chiamati semplicemente bidelli è pari a 2,2 per classe e costano allo Stato 4 miliardi all’anno. La mentalità che ha fatto della scuola uno stipendificio ha limitato per anni la possibilità di riforma».

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