da Roma
È guerra tra il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni e i dirigenti scolastici. I corsi di recupero che gli istituti dovrebbero organizzare per sanare i debiti formativi degli studenti non decollano e per il momento le indicazioni del governo in questo senso sono ancora inattuate. Fioroni ha indicato il recupero scolastico tra gli obbiettivi strategici ed ha deciso di far capire che questa volta si deve fare sul serio. Se l’istituto non organizzerà i corsi di recupero come richiesto dal ministero il preside di quella scuola rischia non soltanto di perdere la parte dello stipendio conseguente al raggiungimento dei risultati ma pure la revoca dall’incarico dirigenziale con possibile declassamento. Fioroni infatti ha dettato precise indicazioni in questo senso in una Nota (28 novembre Prot. N. AOODGPER22717) indirizzata ai Direttori Generali degli Uffici scolastici regionali, gli ex provveditori. I dirigenti regionali, scrive Fioroni, devono tenere conto del fatto che le modalità e l’adeguatezza degli interventi di sostegno per gli studenti costituiscono «elemento primario di valutazione ai fini della retribuzione dell’indennità di risultato e del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali». La Nota però è ritenuta irricevibile dai presidi che alzano già le barricate e ne chiedono la revoca immediata, insieme pure al ritiro o alla «radicale revisione» dell’ordinanza ministeriale n.92, nella quale si stabilivano le modalità ed i termini entro i quali organizzare i corsi di recupero, come spiega il presidente dell’Anp, l’Associazione nazionale dei dirigenti scolastici.
«Riteniamo inaccettabili i toni minacciosi della Nota ma l’errore più grave compiuto dal ministro è quello fatto con l’ordinanza 92, che scavalca l’autonomia dei singoli istituti sancita oramai da sette anni - dice Rembado -. I dirigenti respingono un’ordinanza statalista che esercita un’indebita influenza sulle modalità con le quali organizzare il sostegno per gli studenti che competono ai singoli istituti. I corsi di recupero sono soltanto una delle strade da percorrere e neanche quella principale». La minaccia di sanzionare i presidi con il mancato versamento dell’indennità di risultato (solitamente distribuita a pioggia) o la rimozione dall’incarico è iniqua ed inaccettabile, prosegue Rembado.
«I dirigenti non hanno né gli strumenti organizzativi né le risorse economiche per mettere in piedi i corsi: come si può quindi pensare di sanzionarli. Perché minacciare punizioni»? chiede Rembado, ricordando che il compito di individuare i docenti ai quali affidare i corsi non spetta ai dirigenti ma alle RSU, le rappresentanze sindacali e che dunque i presidi non possono essere considerati responsabili.
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