Scuola con il «marchio»? Sì, è gratis e si studia meglio

Chi ha portato a scuola in questi giorni di inizio anno il proprio bambino, conosce bene quale stato d’animo lo abbia accompagnato davanti al portone dell’istituto. Paure, speranze, sospetti, illusioni: l’immagine di una scuola funzionale e sicura, dove si educano giovani e meno giovani, è sparita. Una volta si rifletteva su quale fosse l’opportunità migliore per le caratteristiche del proprio figlio: scuola rigorosa, poco severa, insegnanti competenti in alcune discipline, altri diversamente orientati. Insomma, la scelta si concentrava sulle situazioni didattiche e scientifiche da prediligere per i propri figli.
Oggi, la prima preoccupazione è la funzionalità e la sicurezza dell’istituto, mentre la qualità didattica passa drammaticamente in secondo piano. I genitori possono solo sperare di essere fortunati non solo per quanto riguarda l’istituto, ma perfino la sezione in cui saranno iscritti i propri ragazzi. La conseguenza è l’assoluto disorientamento di padri, madri, e ricorrente diventa l’angosciosa domanda: «dove andrà a finire mio figlio?».
Il problema si fronteggia, generalmente, in modo univoco: per avere un minimo di sicurezza sul fatto che l’amministrazione scolastica si preoccupi dello studente e non delle questioni sindacali degli insegnanti, si mandano i figli a studiare negli istituti privati. E infatti l’aumento degli iscritti nelle scuole private è proporzionale alla diminuzione della fiducia in quelle pubbliche.
Si cerca la sicurezza, cioè la garanzia che i ragazzi non siano lasciati per strada perché gli insegnanti sono in sciopero, si chiede un minimo di funzionalità didattica per portare avanti l’istruzione essenziale. Non si desidera la luna. E proprio perché non si desidera la luna, ecco il successo delle scuole private. Qui i genitori possono controllare con una certa agilità la gestione dell’istituto: vengono pagate rette generalmente alte e quindi vengono pretese prestazioni adeguate.
Ora, cosa ci dice l’esperienza della scuola organizzata dalla Lega e quella di Della Valle, entrambe gratuite, ma che hanno ottenuto l’indiscusso apprezzamento di genitori e allievi? Tre cose semplici: fla scuola deve funzionare; ai genitori non interessa sapere chi sia il gestore e l’artefice politico ed economico dell’istituto; è ritenuto utile, da parte dei genitori, la possibilità di essere presenti con discrezione nella gestione dell’istituto con qualche suggerimento.
L’esperienza della scuola di Della Valle e della Lega non è nella sostanza diversa da quella degli istituti privati cattolici. Sono sempre più frequenti i genitori che lì ci mandano i propri figli, anche se non sono credenti e non ritengono necessaria un’educazione religiosa. E d’altra parte i rettori di questi istituti non chiedono ai propri docenti una incisiva sottolineatura cattolica dell’insegnamento, avendo compreso che ciò che si desidera è una scuola che funzioni, che sia seria, che dia la certezza che nelle aule ci siano gli insegnanti e non i bidelli a tenere la disciplina.
Chi ha sempre puntato sull’istruzione pubblica come garanzia di laicità, di parità, spesso si pente. Fino a qualche anno fa era proprio questa che dettava le regole per raggiungere la qualità, e la scuola privata, tranne rare e autorevoli eccezioni, funzionava da salvagente per i somari bocciati nella scuola pubblica. Oggi la qualità sta passando nel privato, e quello che appare decisivo è la richiesta semplice di funzionalità, decoro degli spazi, presenza dei docenti a disposizione degli studenti.

Se questi obiettivi li raggiunge una scuola targata Lega o Della Valle, la cosa lascia nella più assoluta indifferenza. Tanto più che a differenza delle scuole private c’è un dettaglio non trascurabile: queste due sono gratuite e la loro costruzione non è costata un solo centesimo alla collettività.

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