A scuola di pomeriggio: il primo esperimento nel ’72 in viale Monza

A Milano il tempo pieno alle elementari resta anche dopo la riforma Gelmini un’esigenza generalizzata. Ed è così da decenni. Anche quando c’era il maestro unico (e le lezioni finivano al mattino), nei primi anni Sessanta era sceso in campo il Comune che per iniziativa dell’assessore all’educazione dell’epoca, Lino Montagna, aveva cominciato a prolungare il servizio scolastico con le attività pomeridiane. Utilizzando insegnanti comunali. Ben presto tuttavia gli stessi insegnanti della scuola statale avevano messo a punto una nuova organizzazione didattica, con insegnanti impegnati sia al mattino che al pomeriggio. La scuola a tempo pieno, appunto. La prima sperimentazione avvenne a partire dall’anno scolastico 1972-73 alla scuola di via Sant’Erlembardo, zona viale Monza, dove era direttore didattico Federico Niccoli, considerato appunto il «padre del tempo pieno» milanese. Niccoli ora insegna legislazione scolastica alla Bicocca. «Eravamo in un periodo nel quale la scuola elementare italiana era contrassegnata da un insegnamento tradizionale, nozionistico (lezione frontale-interrogazione), con contenuti dettati dall’alto. Era l’epoca del maestro unico, con tutto l’armamentario dei voti, della pagella, del grembiule e della scuola del mattino che qualcuno rimpiange oggi. Era in questo contesto che ci si è posti il problema di un diverso modo di insegnare, cooperativo e non più individualistico, e fondato su una didattica attiva, di laboratorio e non più su metodi trasmissivi e ripetitivi del sapere».
L’obiettivo era quello di creare un sistema scolastico diverso. «È qui – continua Niccoli - che prende corpo l’idea del gruppo docente. E quindi il delinearsi di un tempo scuola unitario, fondato su una successione organica e unitaria di momenti educativi all’interno della giornata scolastica». Un sistema di lavoro per cui si richiedeva ai docenti di fatto una nuova professionalità. «Non è un caso – sottolinea il padre del tempo pieno – che abbiamo potuto avere successo perché alla base di tutto c’era la motivazione degli insegnanti. Una prerogativa indispensabile: nel tempo pieno insegnavano solo insegnanti motivati scelti dallo stesso direttore didattico». Bisogna aspettare la legge 148 del 1990 prima che lo Stato riconosca questa sistema.

Ma paradossalmente questo riconoscimento segna anche la burocratizzazione della sperimentazione portando nella scuola insegnanti sempre meno propensi ad aggiornarsi secondo le nuove metodologie. Le cosiddette compresenze, oggi abolite dalla riforma Gelmini.

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