Giordano Bruno Guerri. E forse è già nomen omen. Il sospetto che il nome di battesimo abbia influito, non può non esserci. Pensatore che gioca sull’orlo dell’eresia intellettuale, scrittore, giornalista e storico. Ha diretto Storia Illustrata, il quotidiano l’Indipendente ed è editorialista del Giornale. Tra le sue opere più fortunate gli studi su Galeazzo Ciano, Maria Goretti, Curzio Malaparte, e la biografia, uscita pochi mesi fa, di Filippo Tommaso Martinetti.
Giordano Bruno Guerri, che ricordo ha delle sue scuole superiori?
Pessimo, solo rinvii e bocciature. Non era tutta colpa della scuola, c’era anche il mio carattere che tendeva alla sovversione. Ma la scuola contribuì a questo rapporto conflittuale, a partire dalle elementari. Il primo giorno di scuola la maestra mi ruppe in testa un astuccio, ma non quelli di oggi, quelli di una volta in legno. Dalla terza alla quinta elementare un’altra insegnante era solita prendermi a calci. Alle medie eravamo costretti a ore di sedute intollerabili. C’era una disciplina eccessiva. Al liceo la situazione era addirittura peggiorata. Ricordo che una professoressa di latino mi diede quattro, senza avermi interrogato, solo perché mi era caduta una penna per terra. Era una scuola rigida, troppo formale, poco formativa e soprattutto poco elastica verso i problemi e le potenzialità dei singoli studenti. Tutto si divideva in buoni e cattivi e io, inesorabilmente, ero sempre nella schiera dei cattivi. Mi nascondevo all’ultimo banco e più volte ho mollato tutto per andare a lavorare. Una scuola veramente tremenda. Io avevo bisogno di maggiore libertà, di poter studiare le cose che realmente mi interessavano. Infatti all’università è cambiato tutto e sono diventato uno studente da trenta e lode.
Come si immagina la scuola del futuro? Come la vorrebbe?
I professori dovrebbero essere preparatissimi, ma non solo nelle materie di insegnamento, dovrebbero conoscere anche la psicologia dell’età evolutiva e la didattica. Un insegnante bravo che però non sa trattare gli adolescenti è un vero pericolo pubblico. Devono essere pagati, preparati e selezionati. Se non c’è una giusta retribuzione il lavoro diventa socialmente poco nobile. La struttura scolastica deve essere elastica, per individuare e stimolare gli interessi dei singoli studenti. E’ ovvio che la scuola debba essere di massa, ma è necessario che i ragazzi siano percepiti come singoli individui, non come essere identici. Mi sembra che la riforma della Gelmini vada in questa direzione.
Le materie dovrebbero più flessibili e, oltre a quelle basilari, ogni studente dovrebbe poter scegliere un certo numero di ore e discipline. Molto merito e poco obbligo.
E poi è assurdo che tutti debbano studiare fino a 18 anni.
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