Scurrile, cervellotico, eppure avrebbe i numeri

Se non avete mai sentito nominare questa casa editrice, non meravigliatevi: probabilmente è nata apposta per lui. Se il titolo del romanzo vi suona bizzarro e oscuro, niente paura: è tutto calcolato. Se riuscite a superare la pagina numero tre, chapeau: siete sulla buona strada per entrare nel fantasmagorico mondo mentale di un giovane aspirante Nobel per la letteratura. È la storia di un tale Andrea Sperelli, scrittore bloccato e pieno di paranoie così come di raffinata cultura, che dopo la morte del padre inizia a vagare finché si imbatte in un castello che vaneggia di acquistare... i fatti si mischiano alle elucubrazioni personali in un pastiche, per usare una parola cara all'autore che non manca di autodefinirsi e autocompiacersi, che è un crescendo di immagini surreali fino a un film porno natalizio di beneficenza. Stupire, sconvolgere, attirare l'attenzione con citazioni ampollose e note quasi ossessive, provocare, imitare i «grandi maledetti» con l'esasperata urgenza di strappare loro un po' di autenticità, carezzare come si farebbe con una bestia pericolosa il proprio narcisismo così acerbo e già straripante da fare quasi paura... quello sì che stupisce. Tutto questo sembra volere Emanuele Podestà, studente genovese di Scienze Politiche con il talento del verbo ma sprovvisto dell'umiltà che renderebbe, forse, il suo dono qualcosa di creativo e caldo, non più sterile esercizio simile, parafrasando Emanuele stesso, a una arzigogolata «pippa d'autore». Non lascia nulla questo libro, neanche a spremerlo come un limone, a distillarne la lettura cercando i decifrare i paroloni disseminati qua e là come indizi di una caccia al tesoro estenuante... ma il tesoro non si trova, sembra proprio non esserci. D'altronde, «l'unico acrostico possibile era un telestico, ora che Florentius non aveva più niente da miniare». E ancora «tutto scorreva, tutto nel proprio evolversi atomistico e bagascevole». Non è dato sapere se questo giovane talentuoso coronerà un giorno il suo sogno di superare il «bastardo» Kipling premio Nobel più giovane al mondo. Quello che viene da augurargli, è di dare una forma consistente e densa al suo incandescente fiume interiore senza più scimmiottare i suoi Bukowski, d'Annunzio, Baudelaire, Céline o Gesualdo Bufalino che sia... perché la spinta ideale, stilistica e, azzardo, esistenziale si sente ed è forte. A poco più di vent'anni questo Podestà ha già ben chiaro il marcio della società, il disincanto straziante di chi ha gli occhi aperti e i sensi svegli. Ha scoperto le basi franabili su cui poggia l'Istituzione Famiglia, così come le magagne dell'Editoria Italiana che subisce anch'essa come noi una arida Epoca Decaduta. Non gli sfugge nemmeno la barbarie annoiata dei teenager cittadini che danno fuoco a un barbone. Ma perché ricorrervi come stimolo a scrivere? Il mondo è pieno di cose assurde e ripugnanti, così come l'animo umano. È una realtà indubitabile e che ormai non stupisce, tanto che molti ne hanno fatto opere d'arte imperiture di accecante bellezza e verità. Ciò che veramente stupisce, in questo libro, è che tanta bravura nel sentire, nell'osservare e nello scrivere sia investita...

così. Aspettiamo con ansia il seguito caro Emanuele, dato che hai già annunciato l'imminente trilogia. Stupiscici ancora.
Emanuele Podestà, La vera storia del fegato di C. Bukowski, Habanero Edizioni, 98 pagg., 7 euro

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