Le scuse ai truffati e ai suoi figli «Provo rimorso, perdonatemi»

«Naufragato il sogno di una vita». Il Codacons: «Ma le vittime rivogliono i soldi»

Le scuse ai truffati e ai suoi figli «Provo rimorso, perdonatemi»

da Milano

Prova subito a fare un passo lungo, in direzione dei risparmiatori traditi e furenti. Quasi mimetizzandosi fra le vittime del crac. Parmalat, «la mia Parmalat», è per Calisto Tanzi il «sogno naufragato, il sogno della vita». Tanzi gioca, in un aula troppo grande per le sue parole, la carta della sofferenza. Di più, quasi della condivisione del disastro: Parmalat è un «sogno che ha gettato nel dolore, nel rimorso me stesso e che ha danneggiato tante persone che avevano creduto in me. A queste persone chiedo perdono». In fondo all’aula, troppo grande anche per loro, alcuni risparmiatori ascoltano impassibili. Lui butta la croce sul suo principale collaboratore, Fausto Tonna, e sulle banche. Si chiama fuori, fra un colpo di tosse e l’altro, leggendo quelle 16 pagine con il tono monocorde di chi scruta un bilancio. Al massimo riconosce la propria inadeguatezza al ruolo scintillante di grande capitano dell’industria. Ma continua a pattinare su quindici anni di bugie con quel timbro dimesso: «Mai io ho saputo che i nostri bond fossero venduti a man bassa ai risparmiatori».
Nella stessa aula l’attuale timoniere del gruppo Enrico Bondi e la consulente della procura Stefania Chiaruttini disegnano un quadro lunare della Parmalat di Tanzi. «Al mio arrivo - spiega Bondi - scrissi una circolare a tutto il gruppo per diffidare dalla distruzione di documenti». Uno sport, evidentemente, molto praticato. La Chiaruttini fa addirittura sorridere il tribunale ricordando che «pur di mascherare i bilanci in rosso la Parmalat di Tanzi pagava al fisco tasse non dovute». Poi spiega di avere trovato e stampato la bellezza di 700 file di «falsi». Numeri fantascientifici. Che l’ex patron ignora cercando sempre un dialogo con quel popolo muto che aspetta sempre il giorno del giudizio. E completando, in soli 40 minuti, la sua lunga marcia: da artefice a vittima del disastro. «Nel 2003, ho chiesto ai miei figli di prestare la loro fideiussione, compromettendo anche il loro futuro. Anche ai miei figli chiedo perdono». È troppo.


In tempo reale, mentre il cavalier Tanzi si toglie gli occhiali da ragioniere e si allontana, ecco pronta la replica del Codacons: «I risparmiatori italiani non vogliono le scuse, ma rivogliono indietro i propri soldi investiti in titoli Parmalat». E la Chiaruttini annuncia che all’appello manca sempre un miliardo di euro: «Solo che nessuno sa dove sia finito». E per le vittime, quelle vere, è un altro colpo.

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