Se anche Sarkozy ora dice: "A mandarmi è la Merkel"

La cancelliera in tv dall’Eliseo "benedice" la candidatura. Un’altra intromissione dopo Italia, Grecia e Portogallo

Se anche Sarkozy ora dice:  "A mandarmi è la Merkel"

Mano nella mano, ma chi è che comanda? Ieri pomeriggio la relazione più che speciale che unisce il presidente francese Nicolas Sarkozy alla cancelliera tedesca Angela Merkel ha toccato il suo punto più alto (o più basso, dipende dai punti di vista) quando i due statisti hanno registrato insieme, all’Eliseo, il loro primo intervento televisivo comune. In serata le emittenti pubbliche dei due Paesi - sui canali France2 e ZDF - l’hanno trasmesso in contemporanea, condito di fraasi al limite dell’innamoramento reciproco.

Il presidente e la cancelliera, che insieme si erano presentati ai giornalisti e al pubblico già sette volte dallo scorso giugno, negano a parole che questa iniziativa mediatica dal sapore fortemente simbolico abbia una finalità elettorale. I fatti però sembrano star lì a dimostrare il contrario, con Sarkozy a tre mesi scarsi dalla scadenza delle presidenziali, che lo vede secondo i sondaggi in pessime acque. Una sua sconfitta sarebbe tutt’altro che gradita a Berlino, dove si sono assai volentieri abituati alla realtà politica europea più forte degli ultimi anni: la formazione e l’ingombrante presenza di quel direttorio tedesco-francese (in italiano suonerebbe magari meglio espresso al contrario, ma a rimetterci sarebbe la sostanza politica) che Sarkozy e la Merkel incarnano ormai plasticamente anche agli occhi delle opinioni pubbliche d’Europa.

Quanto appunto alla sostanza di questa liaison dangereuse, le interpretazioni in Francia divergono. Giornali filosarkozisti come il Figaro sottolineano che l’intesa tra i due leader politici è di lunga durata ed è basata sulla comune pensosa consapevolezza rispetto al futuro dell’Unione Europea, più che mai fragile e secondo alcuni addirittura in discussione: Germania e Francia, insomma, sarebbero vicini - anzi vicinissimi - per senso di responsabilità e d’accordo nel fare (come scrive appunto il quotidiano parigino) «dell’asse Parigi-Berlino un laboratorio al servizio dell’integrazione europea»: e naturalmente monsieur le président sarebbe il garante di una Francia forte in un’Europa forte.

Ma altri giornali, meno teneri verso Sarkozy, evidenziano invece la sua eccessiva compiacenza verso la collega germanica: così Le Monde accusa il presidente di preoccuparsi ormai solo di «rispettare gli impegni con Berlino: la Banca centrale europea resterà indipendente come voleva la Germania, mentre la Francia si è impegnata a un’ulteriore sforzo di disciplina e rigore, proprio come voleva la Germania». Fino a chiedersi ironicamente, come ha fatto Libération, se il recente discorso da lui pronunciato a Tolone fosse «del candidato Angela Sarkozy o del presidente Nicolas Merkel».
Sarkozy, insomma, servo sciocco di Angela Merkel, il che sembra troppo. È difficile però sottrarsi alla suggestione di vedere il presidente francese come il più recente membro di un club europeo che potrebbe avere come motto il non esaltante «Mi manda la Merkel».

Un club che ha già come iscritti il greco Lucas Papademos, gestore fallimentare del Paese che più ha irritato la Bundeskanzlerin, e il nostro Mario Monti, diplomaticamente «suggerito» da Berlino come successore di Silvio Berlusconi. Che nei prossimi giorni vedrà entrare un «premier tecnico» rumeno dopo le dimissioni del «politico» Emil Boc travolto dalle proteste seguite all’applicazione di ricette anticrisi dal sapore amaro. Per non dire del trattamento inflitto a Viktor Orbàn, capo di un governo ungherese non abbastanza allineato a una certa lettura dei trattati europei e non abbastanza forte per sottrarsi a umilianti autodafè brussellesi.

Qualcun altro cerca di reagire, per esempio il presidente portoghese Anibal Cavaco Silva, che nello scorso ottobre ha denunciato «l’emergere di un direttorio non riconosciuto né incaricato che agisce in sprezzo alle istituzioni comunitarie».

Di questo direttorio Nicolas Sarkozy, non si sa quanto consapevolmente, rischia di diventare, mettendosi scopertamente nelle mani di Angela Merkel, il membro debole fino a scivolare nell’indesiderato ruolo di socio del già citato club.

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