(...) sei mesi fa, sono stati gratificati della definizione di mentecatti da un ex premier coi baffi. Ora che ci ha detto di no, continuiamo ad inseguirlo, inseguendo pure Bossi. Bersani sembra quasi il compagno di classe sfigato che cerca sempre di abbordare quella tipa pur sapendo che gli dice di no». Basso non lo dice.
Renzi dice che «Bersani è tornato a unidea di partito novecentesca, che ormai non esiste più nemmeno a Cuba». Basso non lo dice.
Renzi dice che «adesso tocca a noi. Ridare fiato al Pd, ma soprattutto ridare slancio allItalia. Contro i soliti noti, contro tromboni e trombati, contro una generazione che ha già sprecato la propria opportunità di cambiare le cose. La nuova generazione non potrà essere unaccozzaglia di cooptati che sostituiranno per sfinimento la classe dirigente precedente. Non potremo essere questa roba qui. Per il semplice fatto che, o saremo altro, oppure saremo spazzati via noi, giustamente, a calci nel sedere». Basso non lo dice.
Renzi dice che «mandare a casa i nostri mi pare la precondizione indispensabile per provare a mandare a casa gli altri. Meglio essere accusati di arroganza oggi che processati per diserzione domani». Basso non lo dice.
Renzi dice che «Firenze smette di costruire e ogni bambino ha diritto a un parco a non più di dieci minuti a piedi». Basso non lo dice.
Renzi dice che lui pensa a un Pd «come ce lavevano raccontato: un partito che puntava sullascensore sociale, sul talento, sullinnovazione, sul merito, sul non guardare al passato. Il partito dei pionieri, non la cooperativa dei reduci nostalgici». Basso non lo dice.
Renzi dice che «in tanti mi dicono che dovrei essere più antiberlusconiano. Ma io non riesco ad odiare Berlusconi, neanche sforzandomi. Non ce la faccio, è più forte di me». Basso non lo dice.
Renzi dice «e poi, su Berlusconi, cè anche il rispetto per una personalità oggettivamente incredibile, fuori dalla media, in tutti i sensi.
Non mi è mai capitato di entrare in un bar e di sentire parlare di Lorenzo Basso.
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