Se «Il comico e la spalla» non si sopportano più

Al Filodrammatici in scena fino a domenica. Gli attori sono Pippo Pattavina e Tuccio Musumeci

Viviana Persiani

Quanti artisti possono vantare, nel proprio curriculum, di aver avuto, come spalla, un mattatore come Pippo Baudo? Tuccio Musumeci è uno di quei pochi che possono farlo anche se l'attore catanese, da ieri protagonista, con Pippo Pattavina, di Il comico e la spalla, in scena al Teatro Filodrammatici (fino a domenica) rammenta quella esperienza accompagnandola con un sorriso: «Ad essere sinceri - confida l'artista siciliano - Pippo non era proprio adatto nel ruolo di spalla perché scoppiava a ridere prima di pronunciare le battute. Era evidente che la sua strada fosse un'altra, come testimonia la sua straordinaria carriera». Da cosa nasce il testo dello spettacolo?
«Lo scrisse Vincenzo Cerami proprio ispirandosi a me e a Pippo Pattavina, confezionandolo a nostra misura. Infatti, al centro della vicenda vi è questa coppia artistica inscindibile di capocomico e spalla che lavora insieme da lungo tempo».
Cosa fanno i due?
«Nel primo atto, la spalla, ovvero Pattavina, stanco del comico, che impersono io, lo avvelena. Una sorta di teatro nel teatro come se i due recitassero in un dramma. Al punto che nella seconda parte dello spettacolo il comico scopre che la figlia è fidanzata con la sua spalla artistica. Ecco perciò scoppiare la crisi anche se i due continuano la loro attività, uno a fianco all'altro, cercando di soddisfare le esigenze di un pubblico che chiede solo di divertirsi. La coppia si dà così al varietà, proseguendo la loro vita, quasi coniugale, che per certi versi ricorda quella tra un marito ed una moglie».
In che senso?
«Un rapporto affiatato, fondato su amore, stima, affetto ma anche odio, intolleranza, gelosia. È inevitabile che chi fa da spalla finisca, col tempo, col guardare con invidia colui che emerge sempre, al quale vanno i riconoscimenti più vistosi. Eppure, senza il suo prezioso lavoro, il comico non esisterebbe. Chi riveste questo ruolo apparentemente secondario deve essere, in realtà, bravissimo nel conoscere i tempi teatrali e, nel contempo, vigilare affinché il compagno non faccia brutte figure».
Quali sono gli esempi più evidenti di coppie artistiche?
«Se ne potrebbero fare molti ma certo non si può prescindere dal ricordare il grande Totò e Castellani, ma anche i mitici Franco Franchi e Ciccio Ingrassia»
Quindi, anche lei e Pattavino avete compiuto lo stesso percorso dei due protagonisti della storia?
«Abbiamo cominciato a recitare insieme circa quarant'anni fa, portando in scena un centinaio di commedie sempre con lo Stabile di Catania. Poi, mi sono allontanato per cinque anni, facendo tappa a Palermo, a Milano (dove presentai San Giovanni Decollato) fino alla riunificazione avvenuta proprio in occasione di questa commedia».
Quindi un ritorno allo Stabile di Catania?
«Ogni spettacolo presentato dallo Stabile, è sempre un gran successo. Questo testimonia come non sia il teatro ad essere in crisi ma bensì il cinema italiano perché la vera commedia italiana non esiste più».


Qual è il segreto del vostro successo?
«La gente è richiamata dai classici ma allo Stabile si lavora anche con i grandi autori della letteratura moderna come Sciascia con i cui testi siamo andati in tournée anche in America; idem, con i testi di Verga ma anche di Camilleri, abbracciando così una sorta di sperimentazione che si finalizza nel portare a teatro i grandi romanzi italiani».

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