(...) Ma, soprattutto, siamo proprio sicuri che Berlinguer - che fiancheggiava l'Unione Sovietica di Breznev e non ne ha azzeccata una in vita sua - sia meglio di Craxi, che certamente sbagliò molto, ma che fu quello che salvò l'Italia dal comunismo con gli euromissili, che ridiede una dignità nazionale con Sigonella, che ebbe il coraggio del referendum sulla scala mobile che fu il punto più alto del suo percorso politico?
Fra parentesi, anche Berlusconi ha fatto degli errori - negarlo sarebbe da ciechi e da irresponsabili, anche nei confronti dello stesso Berlusconi (se vedi un amico che balla sul ciglio di un burrone, che fai? applaudi? gli dici di andare avanti così?) - e soprattutto ha il problema di non aver portato avanti fino in fondo la rivoluzione liberale che aveva promesso, a partire dalla riforma fiscale. Se dalle liste elettorali dei professori e dei tecnici, siamo passati alle liste delle belle ragazze, con tutto il rispetto per le belle ragazze, c'è qualcosa che non va. Ma sarebbe sbagliato non vedere anche che il premier è comunque al centro di un attacco concentrico, mai visto nei confronti di nessun altro uomo politico nella storia d'Italia. E, soprattutto, sarebbe sbagliato non dire che, almeno in questo momento, Berlusconi è ancora il meno peggio.
Ma, per l'appunto, non siamo in un saggio di storia recente, anche se la discussione è certamente affascinante. E allora andiamo avanti con Burlando. L'intervistatore Andrea Castanini gli chiede se ha trovato convincenti gli interventi di Fini e Claudio, quasi, si commuove: «Non è solo quello: uno può scrivere un bellissimo discorso e non dare alcuna svolta politica. Quello che mi ha colpito è stata la platea. C'era una partecipazione alle parole di Fini che dava il senso del cambiamento più di molti discorsi. Ed era gente vera, arrivata lì per ascoltare quel discorso di svolta».
Man mano che parla, Burlando raggiunge toni lirici e gli manca solo una dichiarazione d'amore pubblica: «Io mi limito a notare che la destra da cui proviene Fini ha un suo radicamento sul territorio, una sua storia politica, un elettorato che non era ampio, ma è sempre esistito, soprattutto in alcune categorie sociali e in certi settori. Ha rappresentato interessi reali e in molti casi ha difeso gli interessi dei più deboli. Quindi è comprensibile che i finiani non condividano la politica di Berlusconi, che per un anno ha negato la crisi salvo scoprire che ci siamo dentro fino alle ginocchia. Fini ha parlato dello scontro sociale e tra generazioni che si sta manifestando in Italia. E anche lui ha manifestato il disagio a vedere un Parlamento che non ha più alcun radicamento né con il territorio, né con gli elettori».
Insomma, se Fini avesse dovuto raccontare la favola di Robin Hood, ci avrebbe messo meno enfasi rispetto a quella dedicata da Burlando al ruolo salvifico di Fini. E, infatti, tutto questo sbocca nel titolo dell'intervista sulla necessità di un governo tecnico insieme ai futuristi: «Un anno insieme a Fini per chiedere con Berlusconi». Anche perché «ho visto sincerità in lui. E mi ha colpito la pulsione della sua gente».
Personalmente, non sono mai stato un appassionato di Fini. Più di tutto, gli imputo l'opposizione al governo Maccanico che, nel 1996, sulla base di quanto era uscito dalla Bicamerale, avrebbe fatto nascere un'altra Italia, evitando al nostro Paese tanti errori ed umiliazioni.
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