Estate 2006. Poche settimane dopo la sua elezione, il neo-sindaco di Milano, Letizia Moratti, annuncia una raffica di aumenti per «mettere ordine nei conti»: un aumento del biglietto Atm (qualcuno dice del 50%, ma ci sembra francamente un'esagerazione). E poi aumento della Tarsu, introduzione dell'addizionale Irpef, da cui i milanesi, soli fa gli abitanti delle grandi città, erano esenti, e una bella tassa di soggiorno. Succede l'iradiddio: per giorni i sindacati portano migliaia di manifestanti davanti a Palazzo Marino, scioperi «spontanei», cortei, i giornali scatenati contro quello che definiscono «un vero saccheggio ai danni dei milanesi».
Fantasie, naturalmente. Non è successo, perché la giunta Moratti non ha aumentato le tariffe, non ha introdotto l'Irpef, non ha messo «le mani nelle tasche dei milanesi». Ma se avesse fatto la metà di quanto annunciato dalla giunta Tabacci-Pisapia, avremmo assitito al doppio di quello che abbiamo immaginato. E invece: sindacati ed associazioni docilmente silenti, il Pd, emarginato nella maggioranza e stordito dalle inchieste giudiziarie, balbetta obiezioni. I giornaloni, poi: che manina leggera, quante giustificazioni, quale garbato senso della misura. E non poteva essere diversamente, giacché per Pisapia fanno il tifo fin dalla campagna elettorale. Sul Corriere, ad esempio, Giangiacomo Schiavi, che pure ha da ridire (docilmente) sul metodo, spiega che «con i tagli e il blocco imposto dai patti di stabilità, tutti i Comuni sono in difficoltà, anche quelli meglio amministrati. Per garantire alcuni servizi, certi aumenti diventano una necessità». Chiaro, no? Tutta colpa del governo e dei «tagli» imposti con la sua feroce manovra economica. Balle, perché subito dopo il suo arrivo a Palazzo Marino il sindaco-ombra Tabacci, lanciando uno strumentale «allarme sui conti», ha praticamente annunciato la stangata che ora puntualmente arriva. L'espediente furbetto di nascondersi dietro i «tagli del governo» è semplicemente patetico. Certo, la giunta Moratti aveva intenzione di vendere il 18% della Serravalle e di quotare in Borsa la Sea, ma alla sinistra statalista-dirigista-centralista non è mai piaciuto mollare il malloppo pubblico: la parola privatizzazioni le procura attacchi di dermatite.
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