Se la difesa di Saviano è peggio delle critiche

A sinistra si continua a discutere del caso Gomorra. Ma senza affrontare il vero nodo del romanzo-inchiesta: il rapporto tra mafia e libero mercato

Se la difesa di Saviano è peggio delle critiche

A sinistra continua il duello su Roberto Saviano. Ad accendere la miccia è stato un recente pamphlet, Eroi di carta di Alessandro Dal Lago, edito da Manifesto Libri. Il sociologo imputa all’autore di Gomorra una imprecisa conoscenza dei fatti ma soprattutto la tendenza a ridurre tutto a una questione di lotta contro il Male. Il che equivarrebbe a porsi come unico paladino del Bene, dunque come Eroe inattaccabile. Una critica vagamente maoista (reato d’individualismo?) che non tiene conto di un semplice dato di cronaca. Se Saviano è diventato un eroe, il «merito» è dei delinquenti che lo hanno condannato a morte, e lo scrittore a cui è stata sottratta la vita privata è vittima di una clamorosa ingiustizia. Anche l’imprecisa conoscenza dei fatti sembra un’accusa irrilevante: se anche Gomorra fosse pura invenzione, non cambierebbe un accidenti del suo valore letterario e civile. Kaputt, il romanzo di Curzio Malaparte sull’Europa devastata dalla guerra mondiale, è un mix di realtà e finzione. Eppure la scena dei cavalli imprigionati nel ghiaccio racconta meglio la Seconda guerra mondiale di un saggio su quanti proiettili furono sparati a Stalingrado.

Mentre sul Manifesto prosegue la polemica fra Dal Lago e Severino Cesari, editor di Einaudi Stile Libero, ieri è intervenuto sulla questione Marco Travaglio con un articolo di due pagine sul Fatto Quotidiano in cui rimanda al mittente (il sociologo) le accuse di cui abbiamo detto. Mal documentato sarebbe Eroi di carta, zeppo di citazioni imprecise. Ma a noi interessa un altro passaggio in cui Travaglio pone la sua attenzione su questa frase di Dal Lago: «L’opinione corrente è che Saviano abbia rivelato in Gomorra i rapporti fra crimine ed economia globalizzata (...). E tuttavia non può essere ridotta a un’equazione leggibile nei due sensi. Che la camorra, come la mafia e la ’ndrangheta si globalizzi e investa tutto il mondo non significa che l’economia globale sia camorrista». Chiosa Travaglio: «E chi diavolo ha mai sostenuto una simile corbelleria? Saviano? Gomorra? L'opinione corrente a sinistra? La tecnica polemica di attribuire una cretinata a qualcuno per poi dargli del cretino, è antica come i sofisti, ma ben poco onesta».

Qui entrambi i contendenti toccano di sfuggita un tema che dovrebbe essere al centro del dibattito culturale e invece è finito oscurato dalle bagattelle sugli eroi e sul rapporto fra fiction e faction, come direbbero critici letterari. Infatti quelle «corbellerie», come le definisce Travaglio, Saviano le ha scritte eccome in lungo e in largo: sono il retroterra di Gomorra e di alcuni articoli raccolti poi ne La bellezza e l’inferno.

Me ne rendo conto: estrapolare passi dai libri altrui è sempre operazione sospetta: cosa ci sarà prima del passo selezionato? E cosa seguirà? Eppure non mi sembra ci siano dubbi su ciò che Saviano pensa del libero mercato. In Gomorra si leggono frasi sorprendenti come questa: «Tutte le merci hanno origine oscura. È la legge del capitalismo». C’e scritto proprio «legge», non «degenerazione». Oppure come quest’altra: «Non sono gli affari che i camorristi inseguono, sono gli affari che inseguono i camorristi. La logica dell’imprenditoria criminale, il pensiero dei boss coincide col più spinto neo-liberismo». In quanto alle priorità della camorra, sembrano mutuate dagli economisti di scuola viennese: «L’ordine è laissez faire, laissez passer. Liberismo totale e assoluto. La teoria è che il mercato si auto-regola». Con queste premesse si spiega tutto. L’omicidio è inevitabile perché «il mercato non permette concessioni a plusvalori umani», lo spaccio è «iperliberista». E così via.

Invece in La bellezza e l’inferno il traffico di stupefacenti diventa il paradigma del capitalismo, perché ne coglie l’essenza: «È la cocaina il vero miracolo del capitalismo contemporaneo, capace di superarne qualsiasi contraddizione». Infatti, come si legge poco più avanti, ha «un unico obiettivo: il danaro» e «un unico mercato: il mondo». E ancora: «Se si decidesse di parlare per immagini, la coca apparirebbe come il mantice di ogni costruzione, il vero sangue dei flussi commerciali, la linfa vitale dell’economia, la polvere leggendaria posata sulle ali di farfalla di qualsiasi grande operazione finanziaria». La distinzione fra economia criminale ed economia tout court è così sottile da essere di fatto inesistente: «Guarda la coca e vedrai solo della polvere, guarda attraverso la coca e vedrai il mondo».
Saviano esprime un rifiuto del mercato. Posizione ampiamente condivisa in questo Paese. Forse è proprio questa mentalità, che rifiuta la concorrenza e criminalizza il privato, l'origine di parecchi guai che ci affliggono. Di questo sarebbe bello discutere a partire da Gomorra.

Del resto la prova che il mercato non è malvagio risiede proprio nel successo di questo romanzo. Senza il pluralismo garantito proprio dal mercato forse le voci dissonanti come quella di Saviano non troverebbero editore. Invece hanno a disposizione il maggiore gruppo italiano, Mondadori.

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