Sergio Noja Noseda
Il recente delitto in una famiglia pakistana porta a riflettere sullo spirito che permea tutto il mondo cosiddetto «pakistano»: lattaccamento allislam come dimostrazione desistere. Un atteggiamento che non sfugge di certo a chi osserva i pakistani o ex pakistani viventi in Gran Bretagna.
Per comprendere questo fenomeno non si può non tener conto che, sino alla spartizione del 1947, lIndia fu il solo Paese asiatico dove lislam godé per secoli di una supremazia politica quasi assoluta senza arrivare alla sua conquista religiosa. LIndia ebbe forma di Stato relativamente «moderno» e «unitario» solo dopo la conquista islamica. Il mondo culturale indù, tendenzialmente volto alla speculazione religiosa e metafisica, spregiatore della storia umana, non volle quasi mai, prima dellIslam, costruire Stati solidi ed unitari.
La nascita e lidea stessa del Pakistan è latto finale di due tentativi falliti: loccidentalizzazione - intesa nel senso più lato ove lislam, paradossalmente ai nostri occhi doggi, è Occidente - del misterioso ed amorfo mondo dellIndia e il tentativo indù di assorbire il ben delimitato se pur sempre semplicistico sistema islamico, nella lussureggiante giungla del panteon indù.
E così il pakistano vive una sua vita tutta intessuta di solo islam, testimoniando in modo paradossale ma in realtà sostanziale con la sua fede la grande sconfitta del proselitismo islamico in un sub-continente ove il rapporto tra le due religioni è più meno di 1 musulmano su 4 indù. Circondato dalla spaventosa attrazione esercitata costantemente dallenorme buco nero che è linduismo il musulmano deve sviluppare costantemente una forza interna per non caderne dominato e ridotto soltanto a far parte di uno dei tanti gruppi religiosi della grande madre India.
In tutto ciò vi è una straordinaria somiglianza esistenziale con chi, già cattolico, si è convertito allislam: vivere nel proprio inconscio lidea che lattaccamento allislam sia lunica ragion dessere con un quasi automatico scatto verso laggressività verbale e fisica della quale non sono mancati gli esempi nella cronaca degli ultimi tempi. Non deve sorprendere che, nel toccare il nostro mondo, ciò avvenga anche per gran maggioranza degli immigrati tra noi.
Laspetto quasi incredibile di tutta questa situazione, presa nel suo insieme, è lestrema ignoranza in materia di prescrizioni dellislam che regna sovrana a tutti i livelli accomunando gli immigrati - e tra questi coloro che son dorigine pakistana - ai neoconvertiti italiani, il che provoca il delitto di cui sopra e le violente reazioni verbali a questo e a quel problema. In sostanza questi musulmani vedono lislam solo come attaccamento ai costumi paterni, o immaginati tali, senza distinguere tra folklore e religione. Nella loro visione, per fare un solo esempio, la circoncisione, considerata dallislam folklore e non obbligo religioso, è un attaccamento alla religione. Tutto ciò tiene acceso il complesso motore tra affermazione e difesa.
Il convertito in particolare - che i pakistani siano convertiti da secoli non cambia gli aspetti reali del fenomeno - ha costantemente e disperatamente bisogno di testimoniare, in verità più a se stesso che agli altri, la propria fede e di differenziarsi dai non fedeli. Religioni come lebraismo e lislam con le innumerevoli prescrizioni, non fossaltro che per quelle alimentari, danno loccasione continua di dimostrarlo. Ma né lebreo, discendente sicuro di Aronne, né larabo-musulmano dellappartamento accanto, imparentato con i califfi, sentono tal bisogno.
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