Se la fiction su Maria fa boom d’ascolti

Sì, ci sarà stata qualche banalità, e pure qualche dialogo un tantino sciatto in Maria di Nazaret, la miniserie scritta e diretta da Giacomo Campiotti e appena trasmessa da Raiuno (domenica e lunedì, ore 21,30, produzione Lux Vide). Ci sarà stata qualche semplificazione, qualche colpevole appiattimento della dimensione spirituale dell’incarnazione di Gesù nel ventre di una ragazza già promessa sposa. C’è Giuseppe (Luca Marinelli) che vuol mandare a monte le nozze. C’è la gente di Nazaret che mormora davanti al matrimonio con Maria (Alissa Jung) già incinta. C’è una carnalissima Maria Maddalena (Paz Vega), frutto di licenza narrativa, che dice «gli uomini sono tutti uguali». Insomma, una galleria di luoghi comuni dove non c’è sentore di trascendenza. Tutto vero: i film sulla madre di Gesù si possono fare meglio (ma anche peggio, vedi per esempio Io sono con te di Guido Chiesa, presentato al Festival di Roma di due anni fa). Ma se questa fiction ha prima spianato la finale del Grande Fratello e poi ha sfiorato il 30 per cento di share (8 milioni 369 mila telespettatori), qualcosa vorrà pur dire.
Come da copione, il direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce ha esultato: «Un risultato eccezionale. Dopo questa miniserie sarà opportuno fare delle valutazioni generali sulle tematiche, sulle epoche storiche e sui contenuti delle fiction prodotte dalla Rai». Già, sarà opportuno. Trasmessa un paio di settimane fa, Il sogno del maratoneta sulla storia di Dorando Petri, era una fiction tecnicamente più innovativa e ben confezionata. Eppure è andata male, non ha scaldato la platea. Più che dalla qualità del prodotto, il successo di Maria di Nazaret è stato determinato dalla sua rappresentatività, dalla capacità di sintonizzarsi su un sentimento dominante che ha aggregato il pubblico all’inizio della settimana santa. Con disappunto dei benpensanti, è l’argomento della fiction ad averne dettato l’ampiezza degli ascolti.

Qualche volta la tv generalista dimostra ancora di saper cogliere e interpretare la pancia del Paese. Che non sempre, anzi forse sempre meno, è attratta dal trash e dal gossip che in questi anni hanno occupato anche i palinsesti del servizio pubblico.

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