Se la figlia di Riina decide sul programma antimafia

Se la figlia di Riina decide  sul programma antimafia

L’ansia di rappresentare gli altri l’ha sempre avuta, forse retaggio di infanzia e adolescenza trascorse a non potere rappresentare nemmeno se stessa, nata e cresciuta com’è in latitanza, col padre capo dei capi di Cosa nostra. E così Maria Concetta Riina, 36 anni, primogenita di Totò, il boss dei boss, ha fatto il bis: dopo essersi candidata nel ’95, come rappresentante d’istituto degli studenti, nel liceo cominciato a frequentare dopo l’arresto di papà e il rientro della famiglia a Corleone, adesso si è presentata per fare la rappresentante dei genitori nel consiglio di circolo dell’elementare Finocchiaro Aprile frequentata dal primo dei suoi tre bambini, due maschi e una femmina. E ce l’ha fatta: 36 mamme e papà su 270 votanti le hanno affidato il compito di parlare e decidere anche a loro nome. Su tutte le attività, comprese quelle per educare i bambini a rifiutare la cultura mafiosa che la signora, suo malgrado, ha respirato in casa sin da quando è nata.
È andata meglio, questa volta, a Maria Concetta Riina. Nel ’95, quando frequentava il liceo scientifico Colletto, aveva sì avuto più preferenze - 57 su 239 - ma non ce l’aveva fatta, era arrivata ultima. Ora invece, su dieci genitori, è sesta. Ma la storia si ripete. E, oggi come allora, divampano le polemiche, tra chi sostiene che, non avendo mai preso le distanze dalla famiglia - a parte il padre Totò Riina c’è anche lo zio Leoluca Bagarella, fratello di mamma Ninetta - la figlia del boss dovrebbe restare nell’ombra; e chi invece dice che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. Maria Concetta, così come la sorella, Lucia, non ha mai avuto problemi giudiziari seri e non è mai stata accusata di mafia. Al contrario dei figli maschi di Riina, Giovanni, il più grande, all’ergastolo con condanna definitiva per alcuni omicidi; e Salvatore, che due mesi fa è uscito dal carcere dopo aver scontato quasi dieci anni per associazione mafiosa. Un caso, quello di Salvatore, salito alla ribalta delle cronache perché non lo voleva nessuno: né il Nord Italia, dove lui voleva restare; né il paese natale dove alla fine è tornato e che considerava pericolosa la sua presenza in paese
Sull’elezione come rappresentante dei genitori della figlia primogenita del capo dei capi di Cosa nostra cerca di buttare acqua sul fuoco il preside, Mario Zabbia: «Sarebbe opportuno – dice – spegnere i riflettori. Si è trattato di una regolare elezione di componenti del consiglio gestita nell’assoluta normalità. C’è stato un clamore eccessivo». «Una candidatura inopportuna», boccia il sindaco di Corleone, Nino Iannazzo. Stupito il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia: «Fa pensare – sottolinea – e lascia seriamente perplessi che un nome come quello dei Riina riscuota ancora consenso a Corleone».
Ironia della sorte, nello stesso consiglio di circolo in cui siederà Maria Concetta Riina ci sono anche due attivisti del Laboratorio della Legalità, tra cui una Maria Elena Bagarella, solo lontana parente del boss ma che da sempre fa attività antimafia. E doppia ironia della sorte, tra i primi temi da trattare c’è una proposta di convenzione con l’associazione antimafia Addiopizzo.

Che farà la Riina di fronte a temi che la toccano così da vicino? Nel 2009, in un’intervista a Repubblica che suscitò un vespaio, Maria Concetta difese la famiglia: «A casa mia – dichiarò – io non l’ho vissuta quella mafia». Ma disse anche: «Vorrei che mi si giudicasse per quello che sono e faccio». Ecco. Forse, al di là delle polemiche, quell’occasione è arrivata.

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