Se l’autostima di Vasco finisce sottoterra

FRAGILE «Scrivo brani che piacciono alla gente ma poi a casa devo fare i conti con me stesso»

Se l’autostima di Vasco finisce sottoterra

Quando una star come Vasco Rossi confessa di essere «psicologicamente confusa», in crisi di autostima e piena di ansie la prima reazione - sbagliata - potrebbe essere quella di mandarla al diavolo. Che dovrebbe dire allora un poveraccio qualsiasi? In realtà l’angoscia colpisce chiunque, anche chi ne sembra al riparo perché non gli mancano gli status symbol tipici della persona “arrivata”: nella nostra società, portafogli gonfio e carrierone. E invece si può avere tutto ed essere fragili. Si può essere abituati agli applausi, al successo, alle classifiche e sentire un peso nell’anima. Ne sa qualcosa Vasco Rossi, il quale ha rilasciato un’intervista di sconcertante sincerità a Sorrisi e Canzoni, oggi in edicola, in cui confessa le proprie ansie. Così sconcertante da sconcertare anche l’entourage del cantante che nel pomeriggio di ieri, quando le anticipazioni hanno raggiunto le agenzie di stampa, ha inoltrato un comunicato in cui si parla di «frasi estrapolate dal contesto, riportate in maniera frammentaria, e fuorvianti del pensiero di Vasco». Ne prendiamo atto, Vasco non è depresso, ma se anche fosse dove sarebbe il problema? Depressione per molti versi è ancora una parola tabù: romperlo è un bene per tutti. Comunque, il cantante (non depresso) descrive, senza giri di parole, sentimenti almeno in parte universali, proprio come nei suoi brani.
Lo stesso cantante aveva raccontato in una sua vecchia canzone le bizze di alcune strane «malattie» che tanto assomigliano al «male oscuro»: «Che ironia questa malattia / che non mi fa dormire / che non va più via / Che ironia / io grande grosso intelligente / in balia / di una bambina prepotente». La «bambina prepotente» si fa sentire e costringe la rockstar di Zocca a misurare la distanza tra il personaggio pubblico e se stesso, cioè tra il Vasco osannato da legioni di fan e il signor Rossi, quello che si guarda allo specchio ogni mattina ed è «vivo per miracolo, con tutte le sigarette che fumo e i tranquillanti che prendo» (frase pronunciata ridendo). La notte e il risveglio, l’impossibilità di dormire e l’incapacità di ritrovarsi, due momenti neri. Spiega Vasco: «Fosse per me non andrei mai a dormire. Ogni mattina, quando riapro gli occhi devo cominciare tutto da zero, mi tocca ricostruirmi completamente». Anche se suonare è «un piacere fisico», per giunta ben retribuito, è forte la tentazione di fare ciao ciao con la manina e mollare tutto: «Certi giorni sento di essere al limite, sul punto di salutare tutti e salpare verso i mari del Sud». Una tentazione così forte che dice con il sorriso sulle labbra: «Questa volta magari non mi fermo più, magari la fine di questo tour (gli spettacoli in Italia e Europa previsti per l'anno prossimo, ndr) io neppure la vedrò, la vedrà solo il pubblico. Incontro in giro dei ragazzi che mi dicono di aver comprato i biglietti per dei concerti che terrò tra un anno e a me vien da dire: “Non dovessi esserci io, voi andateci lo stesso. Trovatevi da voi...”».
Vasco è il cantante amato dalla gente ma il signor Rossi a volte sente di non meritare tanto affetto: «Scrivo canzoni che piacciono alla gente, ma alla fine, quando torno a casa, devo fare i conti con quello che sono veramente». È la stessa distanza che qualcuno di noi avverte tra la routine e i sentimenti, come se la vita di tutti i giorni, per quanto tranquilla, fosse una recita che lascia un gusto amaro in bocca. Come se i nostri gesti quotidiani, automatici e scontati, avessero sepolto la parte più genuina di noi stessi (per non dire del sospetto che la parte più genuina non sia mai esistita, forse non siamo mai stati “quelli di una volta”). Ecco perché Vasco dice che la sua «autostima è sottoterra. Non è che se migliaia di fan mi dicono che sono un dio poi io mi ci senta. Anzi: più me lo dicono, più mi sento male. Perché io lo so come sono fatto dentro. Il punto è che dentro di me convivono due personalità, ma anche di più». E ancora: «Ho spesso usato il mio desiderio di far contenta la gente per sedurre il pubblico sul palco. Qualcuno dirà che è un talento ma per me non lo è. Vorrei essere duro e puro, forte. Sembro il più bravo di tutti e invece sono una frana».
Questa confessione riavvicina Vasco al signor Rossi. Ma anche la rockstar al suo pubblico.

Alla fine c’è sempre il modo di dire no, anche all’angoscia, e se la musica è una buona terapia, Vasco è in una botte di ferro: creativamente, dice, è un «grande momento» e lo attende un anno di concerti nei palasport, con parecchi pezzi mai suonati dal vivo e un inedito assoluto, quella «Creep» che lanciò i Radiohead all’inizio degli anni Novanta (con testo in italiano composto per l’occasione).

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