«Se l’Expo sarà un flop farà flop anche la Lega»

Viceministro Roberto Castelli, lo chiediamo a lei che ha la delega all’Expo: che sta succedendo ancora una volta? E come spiegarlo ai non addetti ai lavori?
«In questi anni si è creata una grande confusione, perché chiamiamo con lo stesso nome due vicende connesse ma in realtà separate. Una è l’evento espositivo in sé, gestito dalla Soge e nell’occhio del ciclone con le dimissioni dell’ad Lucio Stanca. L’altra è la vicenda delle opere connesse, oltre dieci miliardi di investimenti, Pedemontana e BrebeMi, le due metropolitane M4 e M5, la Rho Monza, il quadruplicamento della Rho Parabiago. Vanno su due percorsi paralleli ma molto diversi».
Vuol dire che per le infrastrutture procede tutto bene?
«Non sono tutte rose e fiori ma procediamo bene. Ad esempio siamo ancora in attesa dell’ultima firma per la BrebeMi, e questa è una brutta notizia, ma la bella notizia è che stiamo per firmare. Abbiamo cantieri aperti e finanziamenti assicurati».
Perché invece la società di gestione sta facendo una figuraccia?
«Guardo la vicenda da osservatore esterno, perché per la Lega l’attore è un altro, il membro del cda della Soge, che sta lavorando bene. Perché penso di ficcare il naso anche in questa situazione? Perché il tempo sta passando...».
Si rischia di non fare più in tempo?
«Ho un osservatorio privilegiato, sono nel governo, vedo Roma e molte cose. Ci sono avversari o scettici dell’Expo, sparsi sia a Milano che a Roma. E tutto sommato, non dico che facciano il tifo perché l’Expo fallisca, ma se fallisse non sarebbero dispiaciuti».
Può fare i nomi?
«Nomi non se ne fanno perché non ho le prove provate, sono miei sensazioni, ma se tutti fossero a remare nella stessa direzione, Stanca non si sarebbe dimesso».
È un’accusa alla classe dirigente milanese e lombarda?
«Sì, ma Milano è strettamente connessa a Roma. Io dico: attenzione, qui è in gioco una partita ancora più ampia. La mia sensazione, suffragata da tanti episodi, è che se salta l’Expo, salta la credibilità della classe dirigente lombarda. Sono preoccupato perché larga parte è rappresentata dalla Lega e quindi, se salta l’Expo, salta grande fetta di credibilità della Lega».
Vuol dire che vede responsabilità della Lega?
«Se fallisce, la gente non sta lì a fare tanti distinguo, non parlo di responsabilità della Lega ma dico che così affondiamo anche noi insieme con gli altri. Abbiamo quattro anni e mezzo, due sono già passati, adesso dobbiamo remare tutti nella stessa direzione. Non dico che remano contro, ma ho visto tanti che non remano. Basta che qualcuno non remi, non ce la facciamo».
È urgente ridefinire la governance? Come procedere?
«Senza governance dove vai? Serve un uomo, o una donna, diciamo una persona, che possa prendere delle decisioni e che abbia il potere per farlo e che lavori pancia terra da qui fino all’Expo. Ma deve partire dalla prossima settimana! Ho sentito qualcuno che rimandava a fine luglio ed è preoccupante. Per fortuna Formigoni ha detto che tutto si risolverà nel giro di pochi giorni. Non voglio che passiamo per incapaci, gente che ha passato il tempo a non prendere decisioni».
Lei che è un leghista dice che a Roma avete lavorato meglio?
«Non voglio dirlo in termini così netti, è chiaro che sono di parte, ma di fatto è così. Forse perché le decisioni che andavano prese sono state prese rapidamente, noi siamo al tempo dell’esecuzione. Per l’evento invece comincio a essere preoccupato perché non hanno ancora deciso nemmeno che cosa fare del terreno. Entro in allarme perché mi sento coinvolto come classe dirigente lombarda. È mancato il gioco di squadra. Ora lancio un appello: giù il groppone e remiamo».
Pensa davvero che la gestione dell’Expo possa essere centralizzata a Roma?
«Se noi falliamo, Roma potrebbe dire: voi che pretendete il federalismo, non siete capaci nemmeno di fare una fiera e quindi continuiamo a gestire tutto da Roma. Altro che federalismo. È a rischio l’idea stessa della capacità di autogoverno della classe dirigente lombarda».
Da lombardo, come se lo spiega?
«Glielo dico con grandissima sincerità: non me lo spiego. Quando sento tutti questi scetticismi... magari hanno ragione gli scettici ma dovevamo dire no due anni fa, dissociarci da una decisione presa dal governo Prodi. Ormai abbiamo imboccato la strada e allora andiamo avanti. È come uno che va sull’Everest e si ferma ogni due passi».
I milanesi dell’Expo lamentano che i fondi romani non sono ancora disponibili. Che cosa risponde?
«Non è vero.

Anzi questo è uno dei piccoli miracoli dell’Expo: in questo momento di gravissima crisi siamo riusciti a garantire il 90 per cento dei fondi. Adesso però questi stanziamenti devono essere trasformati in erogazioni di cassa. Se si combatte, si trasformano in denaro, se uno sta lì a guardare tutto si ferma».

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