
Un discorso di 29 minuti interrotto soltanto da un battibecco (con Enrico Marco e Riccardo Truppo di FdI) e qualche timido applauso dal pubblico, quando anche su temi meno eclatanti non mancano urla e cori di protesta. Il sindaco Beppe Sala ha potuto ampiamente presentare ieri la propria "arringa" in consiglio comunale senza essere disturbato, gli esponenti dei comitati (in primis le "Famiglie sospese") si erano messi in fila 2 ore prima dell'inizio davanti a Palazzo Marino ma i posti erano contingentati e, secondo il consigliere FdI Francesco Rocca, è stata favorita la "claque". Tant'è, dopo giorni di "riflessione" e confronti con famiglia, fedelissimi e Pd, Sala - indagato nell'ambito delle inchieste sull'urbanistica - rimane e l'assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi, per cui i pm hanno chiesto gli arresti domiciliari (domani è fissato l'interrogatorio preventivo davanti al Gip) ha rassegnato le dimissioni. Non in punta di piedi. Per giorni il Pd ha chiesto la sua testa, come primo "segnale di discontinuità". E nel suo discorso, con momenti di commozione, confessa: "Oltre che amareggiato per questa inchiesta e per il lavoro che non potrò portare a termine, sono sconfortato e molto deluso la posizione espressa da alcune forze di maggioranza. Ci si è limitati sostanzialmente a chiedere le mie dimissioni, senza avere contezza di quanto sia realmente accaduto, al di là delle ricostruzioni mediatiche, e senza che sia intervenuta alcuna pronuncia di condanna. Con buona pace del principio di garantismo, l'unico principio è mettere da parte chi costituisce un peso ingombrante, offrire un sacrificio, un capro espiatorio, a chi chiede quei cambiamenti cui col nuovo Pgt stavo già lavorando". Ironizza: "Sarà interessante vedere,, tolto di mezzo l'assessore alla partita caduto in disgrazia, come cambierà l'urbanistica di Milano". Lo abbracciano Sala e gli assessori.
Segnali di discontinuità aveva chiesto la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein. Sala nel suo discorso confessa di aver passato "giorni confusi in cui tutto sembra diventare oscuro, le certezze vacillano", ha "pensato seriamente alla possibilità di lasciare" ma "le mie mani sono pulite" e "se la maggioranza che mi sostiene c'è, e c'è coraggiosamente, con responsabilità e cuore in antitesi a credere, obbedire, combattere (come affermava il primo sindaco di Milano Antonio Greppi), io ci sono, con tutta la passione, la voglia, l'amore per questa città di cui sono capace". Lancia il programma per la "fase 2", per "governare davvero" e "non vivacchiare", come ha ripetuto giorni fa alla delegazione Pd guidata da Alessandro Capelli. Nel capitolo delle "sfide che ci attendono" infila la lista della spesa presentata dai dem per garantirli il sostegno - sempre maggiore attenzione all'impatto pubblico e ai servizi connessi nei prossimi sviluppi urbanistici, agire con "più intensità" su Piano Casa e recupero degli alloggi sfitti, "attenzione estrema" alla cura della città, migliorare servizi come il trasporto pubblico "che sarebbero considerati straordinari in tutte le città ma che devono soddisfare le esigenze dei milanesi, pur alte che siano", operare sulle strutture sportive "e la questione del momento è quella della piscina Argelati" - e ci aggiunge ultimo, ma non certamente ultimo anzi, "la vendita dello stadio di San Siro, "dobbiamo, da settembre, riavviare il percorso consiliare con l'obiettivo di rispettare i tempi che il progetto richiede". Su questo ha chiesto garanzie al Pd, altrimenti avrebbe trascinato la sinistra in un voto anticipato sarebbe tutto in salita. "Milano ha bisogno di una svolta, la priorità non è certamente la vendita dello stadio per demolirlo e costruire un'operazione immobiliare che snatura ulteriormente l'identità urbana" attacca il segretario di Avs Angelo Bonelli. Il verde Carlo Monguzzi ribadisce il no e "sessanta giorni prima o dopo non cambia". Sala confessa di aver ricevuto "più telefonate e messaggi in questo frangente che quando sono stato eletto, anche da chi non mi ha votato ma dice di credere nella mia onestà e dedizione. É da gennaio 2009 che ho dato professionalmente e umanamente tutto quello che ho a Milano. Se trovo ancora motivazione e energie per proseguire non è per soddisfazione personale o ambizione, ma per seguire il vero insegnamento di mio padre: Scegli il mestiere che vuoi, ma fai il tuo dovere fino in fondo". Primo compito, il rimpasto, da chiudere in 24-48 ore.
Si cerca una figura di garanzia, sullo stile di Franco Gabrielli arruolato fino a qualche mese per calmare le polemiche sulla sicurezza. Ma con 74 indagati sull'urbanistica, il casting non è semplice. Tra i tecnici si fanno i nomi dei docenti Gabriele Pasqui, Elena Granata, Matteo Bolocan.