«Se Milano trascura l’Expo cinese il 2015 sarà un flop»

«Basta perdere tempo, il 2015 è tra sei anni ma l’Expo di Shanghai è “domani”. E se Milano perde questo treno si auto-condanna al fallimento». Beniamino Quintieri è il commissario del governo per l’Expo di Shanghai 2010. In pratica, guida l’ente che organizza la partecipazione dell’Italia all’evento che, stando alle previsioni, si preannuncia da record. Dal primo maggio al 31 ottobre sono attesi all’esposizione cinese 238 Paesi - che si confronteranno sul tema «Better city, better life» - e oltre 70 milioni di visitatori. Il sindaco Letizia Moratti e Lucio Stanca, l’ad della società Expo 2015, hanno scelto però di rinunciare al Padiglione Milano a Shanghai, presentato nel 2008 come uno tra i più grandi, con 4 piani e 3mila metri quadri. Dopo un anno, la crisi economica e il terremoto in Abruzzo, i fondi a disposizione si sono dimezzati - da 6 a 3 milioni - e Milano ha tagliato il progetto. Forse ripiegherà sul padiglione che raccoglie le principali città del mondo.
Una rinuncia che avrà ricadute?
«Certo non è un passo positivo, dopo aver annunciato a più riprese la presenza del padiglione e aver creato fin dall’inizio grandi aspettative. Ma penso ci siano ampi margini per recuperare. I cinesi non faticheranno a rimpiazzare Milano, hanno più di 40 Paesi disposti a costruire stand a proprie spese, cosa che Milano non potrà aspettarsi nel 2015, non ha analogo potere».
Milano sta sottovalutando la «carta» cinese?
«Diciamo che tutti guardano alla Cina con grande rispetto, e ora è soprattutto interesse dei milanesi recuperare, organizzando iniziative forti. Shanghai sarà la prima grande occasione per promuovere l’Expo 2015, Milano sarà la città che raccoglie il testimone, e nei sei mesi di evento dovrà studiarne i pregi e vedere i punti deboli per non ripeterli. Ma è importante non presentarlo come un evento troppo “provinciale”».
In che senso?
«Abbiamo offerto più volte il nostro aiuto al sindaco Letizia Moratti, al presidente Diana Bracco e ora al nuovo ad, per la promozione. Da noi nel dibattito si parla sempre di Expo Milano 2015, ma all’estero è necessario che venga percepita di più come l’esposizione italiana: la parola Italia è più attraente per gli stranieri, va vista come un’occasione per venire a visitare il nostro Paese».
Quindi, più collaborazione tra enti locali e governo?
«Dobbiamo organizzare insieme un programma interessante. Da un lato Shanghai sarà l’occasione per fare attività politica con i Paesi, perché vengano ad esporre a Milano, dall’altro lato gli eventi: di tanto in tanto bisognerà lanciare insieme iniziative, concerti. Se la Scala viene in Cina può rientrare nel programma dell’Italia. La parola d’ordine è coordinamento, per valorizzare al meglio gli eventi».
E le sembra che ci siano i margini?
«La volontà di collaborare c’è, ma è inutile negare che finora si è fatta una grande confusione, sono cambiati i vertici dell’organizzazione. Adesso abbiamo chiesto a Stanca di identificare al più presto dei referenti, Milano dovrà creare un’organizzazione ad hoc per la partecipazione a Shanghai 2010 perché se sbaglia questo passo è già condannata al fallimento. Se non è in grado di intercettare con argomentazioni convincenti il pubblico quando sarà in Cina, allora dopo sarà difficile recuperare».


Un consiglio?
«Basta perdere tempo, per i cinesi maggio 2010 è domani. Già per prenotare spazi per gli eventi si fa fatica, i calendari si stanno riempiendo. Se è vicino il 2015, figuriamoci il prossimo anno. E la presenza di Milano va preparata in modo molto accurato».

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