Se nel Palazzo della Cultura c’è il banco dei formaggi

(...) di regime o d’interesse, ignorano o fanno finta di ignorare. Gli intellettuali ignorano anche tutto quello che è successo, è stato detto e fatto tra la posa della prima pietra il 7 aprile 1987 e l’inaugurazione del 1992. Oppure fanno finta di non saperlo. O ancora fingono di averlo rimosso. Nasceva a Genova il Teatro più moderno d’Europa, con una struttura tecnologica ed un palcoscenico all’avanguardia. Grandi potenzialità e possibilità di rappresentare spettacoli diversi nella stessa giornata.
Ma fin dall’inaugurazione si è scelto di essere perdenti, perseguendo una politica culturale sbagliata. Anziché crearsi una propria identità, anche alla luce di quella che era la crisi della lirica a livello mondiale e aprirsi a nuove esperienze che potessero consentire la realizzazione e produzione di spettacoli da circuitare sia in Italia che all’estero, ci si è aggrappati alla tradizione.
Si è cercato di diventare riferimento internazionale inoltrandosi nello stesso percorso che già compivano La Scala, l’Arena di Verona, l’Opera di Roma, Il Regio di Torino, ormai già ben più consolidati di Genova. Eppure il Carlo Felice aveva e ha un’orchestra capace di grandi interpretazioni ed esecuzioni, grazie anche all’esperienza dei singoli maestri che si sono sempre cimentati in esperienze musicali senza confine. Diventare Il Teatro delle grandi produzioni di musical, di opere moderne e di balletti, con una struttura ed una capienza senz’altro più grande dei teatri di Broadway o di Londra, avrebbe fatto della nostra città un polo di attrazione culturale e turistica.
Ma, pardon, questa non è Cultura per i vestali della cultura monolitica di ieri e di oggi, che, ahimè, sono sempre gli stessi, beati loro! Non ci hanno, forse, insegnato che la storia è maestra di vita? E allora a quale storia questi signori fanno riferimento per sentenziare, polemizzare, bloccare qualsiasi iniziativa che possa in qualche modo non vedere apposto il loro sigillo?
L’obiettivo è tenere alta la tensione, far regnare la confusione e manovrare come se fossimo all’opera dei pupi e non al Teatro dell’Opera. La poca chiarezza nasce, comunque, da un artificio legislativo. Provo a spiegarmi. Esiste una struttura fisica: il Teatro Carlo Felice, costruito con soldi pubblici. La sua gestione è affidata in parte allo Stato, in parte agli enti locali, ma in ogni caso si tratta sempre dei soldi dei cittadini. Questo spazio è, fino a prova contraria, di proprietà del Comune di Genova, quindi di tutta la collettività. Prova ne è che il Comune continua a farsi carico delle spese che spettano a qualsiasi proprietario di immobile. Ne consegue che l’intera comunità dovrebbe avere accesso all’utilizzo, fatto salvo il rispetto delle regole stabilite dal proprietario.
Vi è poi una Fondazione che, guarda caso, lascia il nome di Teatro Comunale dell’Opera di Genova per chiamarsi Carlo Felice. La Fondazione, insomma, va ad identificarsi con il Teatro, con la sua struttura fisica, diventa un tutt’uno.
Ed ecco la confusione. Ma non basta. Pur non essendo proprietaria, la Fondazione, mette in conto capitale il valore dell’immobile, che non è suo. E questo riesce a tenerla in piedi, altrimenti sarebbe già dovuta fallire. Anche la sponsorizzazione della Erg, tanto osannata, non fu altro che un contributo dato alla ricostruzione di Palazzo Ducale. Il contributo stesso poteva essere direttamente detratto dalle tasse da versare allo Stato: per questo venne poi girato, attraverso il Comune, al Carlo Felice. In seguito la sponsorizzazione, a suo tempo provvidenziale, non è stata più rinnovata.
E per inciso proprio Palazzo Ducale non è il Palazzo della cultura? E allora vi sfido a trovare un altro Palazzo della Cultura al Mondo, dove si svolgano mercatini del formaggio o delle cianfrusaglie. Eppure nessuno si scandalizza. Ma se, a cento metri di distanza nella stessa piazza, nel tempio della lirica qualcuno pensa di rappresentare musical, gli intellettuali della stessa risma (i soliti tre) alzano gli scudi. Ma è evidente che questa eterna discussione sull’utilizzo del Teatro Carlo Felice e la continua messa in discussione della sua sopravvivenza, è alimentata ad arte per lasciare sotto traccia i rivoli di denaro che invece scorrono verso teatri, teatrini sale e amici che nel corso degli anni si sono visti assegnare spazi pubblici ad personam.
Tanto per dare dei numeri: a Genova ci sono 8994 posti in 14 teatri pubblici (fatta l'eccezione del Politeama Genovese che è privato) e 4500 posti circa in 22 altri teatri prevalentemente parrocchiali, per un totale di 13.494 posti. Tutti sopravvivono grazie al denaro pubblico. E altri nuovi ce ne sono in programmazione.
E sempre a Genova ci sono nei vari ospedali 2.769 posti letto E circa 358 in day Hospital.

Per ogni spettatore che va a vedersi un’Opera la comunità spende circa 300 euro. E per ogni cittadino che viene ricoverato a Genova in Day hospital si spende mediamente 400 euro.
Forse c’è qualcosa che non funziona.
*titolare Società Grandi Eventi

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