Se non si fanno centrali nucleari l’Italia rischia il black out

Vorrei intervenire in merito alle riflessioni del signor Umberto Rosi (il Giornale, 17/11). Egli afferma giustamente che il petrolio da trasporto andrebbe sostituito con l’idrogeno. È anche giusto ricorrere ad alternative perché il petrolio, prima o poi, ma comunque presto, finirà. Si sbaglia se pensa di produrre l’idrogeno con facilità. Già nel 1990 ho visto in Giappone le prime auto a idrogeno. Ma per azionare un’auto a idrogeno della potenza di 50 kw (un’utilitaria) occorrerebbero almeno cinquecento metri quadrati di cellule fotovoltaiche, del costo, oggi, di otto/dieci milioni di euro. Si informi e vedrà.
Parla poi di «cellule combustibili». Esse producono idrogeno, è vero, ma partendo da metano, con un bilancio energetico sfavorevole. Meglio allora usare il metano tal quale. Ma siamo ancora nel campo petrolifero, anche il metano finirà. L’idrogeno si può produrre convenientemente solo con l’energia elettrica. Perché in Giappone avevano già nel 1990 auto a idrogeno? Semplicemente perché avevano ottantacinque centrali nucleari, resistenti mediamente a cinque terremoti al giorno (n.b. il Giappone ha una superficie abitabile inferiore alla nostra, con il doppio di abitanti). Se l’idrogeno attecchirà universalmente, e sono sicuro di sì, la Francia sarà la prima ad aver bisogno di tanta energia elettrica, anche di quella che oggi vende a noi.

Noi resteremo quindi senza benzina e senza energia elettrica. Sarà un grosso guaio per noi, se non si ricorrerà al più presto a ripristinare il nucleare anche in Italia.
Ing. Mario Gallo - Esperto nella produzione di energie - Pavia

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