Se pure l’impresa di successo chiede aiuti allo Stato

Con il bagno di folla e di pubblico della giornata conclusiva del salone del mobile si è chiusa la rassegna fieristica più seguita d'Italia. Impossibile stilare un bilancio definitivo dei visitatori perché oltre alla sede fieristica vera e propria mai come quest'anno la protagonista vera e propria della manifestazione è stata la città nel suo complesso, che per tutti i sei giorni de «I Saloni» ha ospitato un vero oceano di persone nelle proprie strade dove non si contavano le vetrine e gli showroom che mostravano il meglio della produzione italiana e mondiale per la casa. Tutto esaurito negli alberghi in un raggio di moltissimi chilometri da Milano ed affari d'oro non solo per i commercianti ma persino per gli affittacamere improvvisati. Proprio perché di festa si è trattato, forse le uniche note stonate sono state i mugugni della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che nei suoi discorsi non ha mancato di evidenziare come «gli imprenditori si sentano soli» e come manchino gli incentivi statali e l'«amarezza» espressa dal presidente del Cosmit, Carlo Guglielmi, che non ha gradito il forfait del ministro Romani, costretto dalla febbre a saltare la visita. Certo, si può sempre fare di più e qualche ministro avrebbe anche potuto farci un giro, ma non sembra certo l'atteggiamento migliore dire che la pubblica amministrazione sia assente da una struttura mastodontica come la nuova Fiera di Milano, capace di oltre 300 mila metri quadrati lordi di superficie, con i suoi otto enormi padiglioni totalmente sfruttati per il Salone, realizzata in soli trenta mesi di lavori con l’appoggio determinante del Comune e della Regione (entrambi presenti sin dal primo giorno) che a suo tempo hanno provveduto in tempi non certo da Salerno-Reggio Calabria al contemporaneo allacciamento infrastrutturale con strade e metropolitana. Continuando a lamentarsi si rischia di disperdere le rivendicazioni giuste in un lamentìo indistinto che ricorda paradossalmente quello di certi sindacati. Sarebbe bello vedere in queste occasioni, dove il grandioso lavoro degli imprenditori ha trovato una buona spalla nell’attività della pubblica amministrazione, una bella stretta di mano e una reciproca pacca sulla spalla. Niente di tutto ciò, pazienza, sarà per la prossima volta. Intanto però se si volesse impostare il dibattito sull'opportunità degli aiuti pubblici, occorrerebbe se mai porsi un problema di fondo che giriamo volentieri alla signora Marcegaglia per una gradita sua opinione: dato che le risorse sono in tutta evidenza scarse, conviene impiegarle per tenere in vita con tonnellate di cassa integrazione e altri strumenti, settori che probabilmente non hanno alcun futuro qui da noi come alcune industrie pesanti, oppure aiutare settori molto dinamici e vitali ad alto valore aggiunto, quali i piccoli imprenditori del mobile e del design, perché riescano a conquistare definitivamente la leadership mondiale, condizione fondamentale per prevalere come distretto sui mercati globalizzati? Non converrebbe anche dare una spinta al business espositivo dando incentivi per «ripescare» alcune fiere del passato perse in momenti di annebbiamento e che potrebbero ora ritornare vitali con una spintarella iniziale, seguendo l'onda del successo delle esposizioni milanesi? Dove trovare i soldi? Semplice, tagliando i rami secchi che magari per anni hanno drenato risorse senza restituire un centesimo. Basta fare due somme e chi ha spesso solo mangiato (ad esempio cinema e manifestazioni senza senso sparse nei luoghi più strani della penisola) dovrebbe saltare facilmente fuori.

Insomma, il successo del Salone del mobile è stato innegabile, sia per i numeri dell'esposizione «ufficiale», sia per il concept dell'expo diffuso, magari guidato dalle nuove tecnologie web per orientarsi in città. Prendiamone esempio e rallegriamocene, per una volta senza lamentarci.
posta@claudioborghi.com

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