«Se questo è un uomo», emozioni in diretta

Il protagonista Mascia: «Un impatto anche per noi attori quando abbiamo letto Levi»

Viviana Persiani

Come affrontare l'impossibilità di rappresentare l'irrapresentabile; anche se il teatro è finzione, è comunque una forma di comunicazione che nasce da suggestioni reali e concrete tanto forti da ispirare gli artisti capaci di trasmettere al pubblico emozioni, sentimenti, gioia e anche dolori. In occasione della Giornata della Memoria, tra gennaio e febbraio la direzione del Teatro Carcano, partecipando alla commemorazione dell'Olocausto, ha previsto da questa sera l'allestimento di Se questo è un uomo diretto da Franco Però, rappresentazione che contribuisce a fornire allo spettatore un interessante spunto di riflessione sul dramma dello sterminio degli ebrei, ma anche delle numerose tragedie che ogni giorno, in altri paesi del mondo accadono, listando a lutto intere popolazioni.
«Partendo dalla versione teatrale del testo di Primo Levi - spiega il protagonista Nello Mascia -, noi attori abbiamo subito un impatto immediato, rendendoci conto di come fosse impossibile rappresentare il dolore assoluto».
Forse perché non l'avete vissuto in prima persona?
«In un'intervista rilasciata dallo stesso Levi in occasione della sua visita al lager di Auschwitz vent'anni dopo la tragedia, lui stesso dichiarò di non aver provato nessuna emozione: quel luogo di morte e di dolore si era trasformato in un museo, tutto era cambiato. Così, mi rendo conto come noi attori siamo solo sulla scena per offrire una rappresentazione del vissuto, ben lontano dal vissuto originale».
Vi siete attenuti al testo originale?
«Proprio per questo, nel tentativo di piena fedeltà all'autore, diamo vita sulla scena a una rappresentazione “pacata“; perché Levi così definì il suo testo: “pacato“».
Ovvero?
«Si tratta di un documento di cronaca, asettico, senza partecipazione emotiva. È vero che il teatro è differente dalla letteratura: deve vendere sentimenti ed emozioni. Ma in questo caso, abbiamo rispettato il taglio del testo, raccontandolo sulla scena».
Qual è il punto di vista che presentate allo spettatore?
«Secondo la visione di un uomo normale, diamo vita ad un'interpretazione e ad una lettura originale del capolavoro di Levi».
Che tipo di scenografia avete adottato?
«La scena è di una bellezza allucinante, struggente; noi attori ci muoviamo su una pedana al centro della quale esiste una scultura che rappresenta un muro, forse quello del pianto, o quello di Berlino. Credo sia il modo più efficace per dare vita all'irrapresentabile».
Il pubblico di oggi ha l'esigenza di svagarsi, si dice. Come è accolto questo lavoro?
«Reduci da una “tre giorni“ di tutto esaurito al Teatro Biondo di Palermo, non posso che smentire questa affermazione; la gente - e soprattutto i giovani -, ha bisogno di sapere. Dopo le rappresentazioni ho avuto l'occasione di incontrare degli spettatori che, sgomenti, restavano increduli di fronte ad una tale brutalità dell'uomo.

Ecco perché è indispensabile che non si dimentichino certi capitoli della nostra storia, per insegnare alle nuove generazioni che l'essere umano è una belva ed è importante che non si risvegli. Ultimamente sembra esserci un ritorno al teatro di contenuti; questo è un segnale importante».

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