Se si vuole rischiare un po’ ci sono i «fondi di bond»

Se mettete in conto una dose di rischio maggiore e un arco di tempo sufficiente a far fruttare i vostri investimenti potreste cogliere discrete opportunità. Intanto, avendo almeno 36 mesi disponibili, si può optare per un Btp triennale che rende il 2% netto all'anno: lo stesso rischio di un bot ma diluito sulla distanza dei 36 mesi. Volendo aumentare il profilo di rischio, si può scegliere di investire, sempre in ottica dei tre anni, almeno una buona parte del portafoglio in obbligazioni societarie (i cosiddetti corporate bond). Evitando però il fai da te che espone troppo al rischio emittente: chi aveva in portafoglio soltanto titoli della Lehman Brothers ha visto sfumare il 100% del capitale mentre il sottoscrittore di un fondo corporate bond investito anche in titoli della banca d'affari americana fallita ha perso non più dell'1% del suo investimento.
Più dei fondi comuni e delle sicav meglio un etf come l'iShares iBoxx eur liquide corporate o il Lyxor etf euro corporate bond che consente la massima diversificazione ma a costi molto più economici: appena lo 0,20% all'anno contro l'1,20%-1,50% dei fondi e delle sicav omologhe. Per chi vuole spuntare qualcosa in più, correndo però anche un rischio più che proporzionato, ci sono poi le obbligazioni convertibili. Si tratta di titoli per metà azioni e per l'altra metà obbligazioni che permettono di partecipare al recupero dei mercati azionari solo con mezzo piede in Borsa: hanno perso molto nell'ultimo quadrimestre 2008 recuperando da inizio anno soltanto una quota (meno della metà) di quelle perdite. Anche in questo caso meglio utilizzare un fondo o una sicav specializzata (purtroppo non ci sono etf di questo tipo quotati in Piazza Affari) come Nordfondo obbligazioni convertibili, Dexia bonds Europe convert, Anima convertibili, Parvest European convertible bond e Ducato fix convertibili. Infine due suggerimenti solo per gli investitori più abili, capaci di aspettare, se necessario, anche un quinquennio, e che accettano rischi elevati.

Il primo è una piccola quota (fino al 5%) in materie prime (destinate a rivalutarsi negli anni futuri) mentre il secondo riguarda una percentuale tra il 5% e il 10% (a seconda della propensione al rischio) in azioni dei Paesi emergenti: in entrambi i casi l'investimento è da diluire nei prossimi 6-12 mesi utilizzando gli etf come Etfs All commodity Dj -Aigcism (per le materie prime) o Ishares Msci Emerging markets, Lyxor Etf Msci emerging markets, db x-trackers Msci emerging markets trn index per le azioni dei Paesi emergenti.

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