Nel caso dei lavoratori che hanno 50 anni o più, il punto essenziale è che gli anni di lavoro prima della pensione sono al massimo 15: un periodo normalmente ritenuto lungo ma che tale non è in ambito previdenziale, soprattutto se si sceglie la strategia di combinare il passaggio da comparti a indirizzo azionario (o bilanciato) a fondi prevalentemente investiti in obbligazioni e titoli di Stato. Vediamo quindi le soluzioni ipotizzando il caso di un lavoratore dipendente cinquantenne con stipendio annuale di 50mila euro lordi e dinamica salariale piatta (cioè con una crescita retributiva annuale in linea con il costo della vita): un lavoratore con queste caratteristiche dovrebbe ottenere dallInps una pensione pari a circa il 67% dellultimo stipendio. Qualora alla fine dellattività lavorativa decida di trasformare il trattamento di fine rapporto (Tfr) accantonato anno per anno in una rendita pensionistica integrativa, potrà arrivare a coprire il 71% dellultima retribuzione. Al contrario se sceglie da subito di convogliare il Tfr maturato anno per anno nel fondo di previdenza complementare di categoria potrà far diminuire il gap previdenziale finale in virtù del contributo versato dal datore di lavoro (un 1,50% allanno): in tal modo la pensione finale (ovvero lassegno Inps e quello del trattamento pensionistico integrativo) potrà spingersi fino al 75% dellultima retribuzione.
Quale potrebbe essere invece la situazione di un lavoratore di 55 anni con reddito di 60mila euro annui? Ipotizzando che intenda proseguire fino ai 65 anni, e cioè fino al novembre 2019, la copertura previdenziale Inps arriva al 68 per cento. Se però a 65 anni il lavoratore decidesse di utilizzare il Tfr accantonato trasformandolo in rendita pensionistica integrativa, potrà contare su un ulteriore 3,5% di pensione, portando quindi la copertura totale al 71,5% dellultima retribuzione.
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