Roma

A un secolo dal «Manifesto» il Futurismo seduce ancora

Il Futurismo e il Cubismo, oggi. Anzi, il «cubofuturismo», secondo la definizione che Giorgio De Santis dà della sua opera, esposta fino al 4 ottobre nella mostra «Futurismo 3. Futurismo Cubo Futurismo», a Palazzo Venezia. Tra oli, tempere e bronzi realizzati dal 1971 a oggi, sono 50 le opere che compongono il percorso espositivo all’interno del Refettorio quattrocentesco del museo, ispirate ai maestri riconosciuti dall’artista nato a Campagnano nel ’45: Balla, Boccioni, Braque e Picasso. Un tuffo nel passato? No, secondo De Santis, perché «il Futurismo è una pittura senza tempo, mentre il Cubismo è la prima pittura che mi ha colpito. Dei due movimenti io prendo il meglio, rileggendoli».
Se non si crede nella periodizzazione storica dell’arte, è possibile riproporre una tematica pittorica, anche a un secolo dalla sua nascita: così, proprio nel centenario del Manifesto di Filippo Tommaso Marinetti, le avanguardie rivivono in questa esposizione, a partire dagli studi sul colore che rappresentano il primo approccio pittorico di De Santis, i cosiddetti Coloritmi. E se nel 1973 il pittore aderiva definitivamente al Futurismo con l’opera Hommage a Bottecchia, esposta in mostra, nel 1974 si avvicinava al Cubismo scoprendo che le due correnti possono coesistere. Il cubofuturismo, appunto. L’espressività di George Braque è continuamente indagata così come le enunciazioni teoriche di Filippo Tommaso Marinetti; sulle tele di De Santis si ritrovano la percezione visiva di Giacomo Balla e la deformazione delle cose tipica di Boccioni e Carrà. Alla lezione dei maestri, però, De Santis aggiunge la ricerca personale. «Al Futurismo ho aggiunto una tridimensionalità mai usata prima - spiega l’artista - come nelle tre opere esposte in mostra in cui alla tela ho applicato pezzi di antichi arcolai».
Non ci sono solo Cubismo e Futurismo nell’arte di De Santis, ma anche qualche accenno metafisico e di Pop Art, come dimostrano alcune opere esposte, tra cui American Coca Cola. Un percorso, quindi, nella storia dell’arte dell’ultimo secolo rielaborato creativamente tra strumenti musicali, prodezze sportive, bottiglie di liquore che hanno il sapore del tempo passato, come scriveva di De Santis Dacia Maraini: «Preso da slancio Futurista De Santis si butta in una impresa contro il tempo.

Ma anziché gettarsi in avanti, verso gli splendori dell’impossibile, si getta indietro, verso le forme del passato in una ricerca saggia e malinconica».

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