Segreto bancario, svolta: patto Svizzera-Stati Uniti

Ubs trova un accordo con gli States: in base all’accordo il gruppo svizzero fornirà i nomi di 8-10mila correntisti accusati di frode. Le autorità americane puntavano su 52mila nomi

Segreto bancario, svolta: 
patto Svizzera-Stati Uniti

Il pagamento, nel febbraio scorso, di una sanzione da 780 milioni di dollari, unito alla consegna di una black list con l’elenco di 250 clienti e alla promessa di chiudere i paradisi offshore, non era bastato: Ubs aveva continuato a sentire sul collo il fiato del fisco Usa, in un pressing continuo, teso a ottenere i 52mila nomi dei ricchi americani che grazie allo schermo impenetrabile dei conti cifrati avevano evaso le tasse. A questa disputa, con tanto di incidente diplomatico sfiorato tra Berna e Washington, è stata messa ieri la parola fine con il più classico degli accordi di compromesso, il solo in grado di soddisfare tutte le parti in causa.

Ubs è stata infatti costretta a capitolare, ma solo in parte: ha accettato di svelare l’identità di 8-10mila cittadini infedeli all’Irs, l’agenzia delle entrate Usa, su cui pesa l’accusa di frode fiscale, l’unico reato penale in materia tributaria riconosciuto dalla Confederazione. L’evasione, al contrario, non è considerata un crimine. In questo modo, sotto il profilo puramente formale, il segreto bancario non viene violato. Kaspar Villiger, presidente del consiglio di amministrazione del gruppo elvetico, ha infatti espresso soddisfazione per l’intesa, rinviando però ulteriori commenti «alla firma ufficiale che dovrebbe avvenire in un futuro prossimo». Identico il commento del governo svizzero, che ha parlato di «compromesso» fra Stati sovrani, di un accordo nell’interesse di ambedue le parti.

Anche la Borsa di Zurigo ha mostrato di gradire, premiando i titoli della banca con un rotondo rialzo del 3%, nonostante che l’accordo rischi di impattare sull’intera industria dei paradisi contabili “artificiali”, un business che nella sola Svizzera vale 2mila miliardi di dollari. Qualche esperto, inoltre, non nasconde le insidie dell’accordo: risolto il braccio di ferro con gli Usa, spiega il tributarista dello Studio Withers di Ginevra, Milan Patel, la banca rischia di «avere di fronte una nuova battaglia legale in Svizzera se gli intestatari dei conti impugneranno la violazione delle norme sul segreto bancario da parte di Ubs».

Anche per gli Stati Uniti si tratta comunque di una vittoria parziale: l’azione legale avviata nei confronti dell’istituto elvetico dal dipartimento di Giustizia e dall’Irs puntava a ottenere parte dei 52mila nomi di americani aiutati a loro avviso dalla banca. Una crociata anti-evasori vera e propria, perfettamente in linea con l’orientamento espresso dal presidente Barack Obama fin dalla campagna elettorale. «Le parti hanno raggiunto un accordo» ha annunciato Stuart Gibson, legale del ministero statunitense, nel corso di una teleconferenza con il giudice federale di Miami Alan Gold, durata circa tre minuti. «Ci vorrà - ha aggiunto Gibson - ancora un po’ di tempo prima che l’intesa nella sua forma definitiva sia messa a punto».

Per questo, nell’immediato, le parti in causa hanno chiesto un ulteriore slittamento del processo, che avrebbe dovuto iniziare il prossimo 17 agosto. «Non appena gli accordi saranno registrati, le parti chiederanno formalmente che le accuse a carico di Ubs cadano».

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