da Bogotà
«Ci vuole una grande spiritualità per non scivolare nellabisso». In alcune interviste concesse prima della sua partenza per Parigi Ingrid Betancourt ha riferito ulteriori particolari del calvario durato oltre sei anni. Lex ostaggio ha ammesso di aver pensato al suicidio a causa delle «torture, vessazioni ed umiliazioni» subite durante la prigionia nelle mani delle Farc: «La morte è il più fedele compagno di un ostaggio. Noi vivevamo con la morte... e la tentazione ci accompagnava sempre» .
Lex candidata alla presidenza colombiana ha detto che, nel corso della lunga prigionia, ha passato tre anni «con le catene addosso, 24 ore su 24» ed è stata trattata «come un cane». «Ci sono stati momenti di grande crisi, di grande durezza, di vere e proprie sevizie».
La dimensione spirituale della sua esperienza sembra aver accompagnato Betancourt lungo tutta la prigionia, spingendola a pregare regolarmente. Nel raccontare la sua ultima giornata da ostaggio, lex senatrice ha ricordato come la prima cosa che ha fatto, dopo essersi svegliata alle quattro del mattino, è stato recitare il rosario. Lex ostaggio, ha moltiplicato le dichiarazioni sulla fede nelle ore successive alla sua liberazione. Al polso portava un rosario di fabbricazione artigianale, con il quale pregava nella giungla.
Fra le cose peggiori per Ingrid cerano le marce forzate e la mancanza di medicine: «è terribile dover marciare per ore, con i vestiti umidi, permanentemente maltrattati, nel buio totale e quasi sempre sotto la pioggia», ha raccontato, aggiungendo che «mi sono ammalata di cose semplici, che si risolvono con trattamenti facili -diarree, vomiti, ulcere- ma la guerriglia mi proibiva ogni assistenza, e questo ha fatto sì che in vari momenti mi sono resa conto di essere in condizioni gravi», ha sottolineato Betancourt, prima di ringraziare nuovamente uno dei suoi compagni di sventura, William Perez. «Una volta ho perso anche conoscenza, e William mi ha dovuto dare da mangiare come si fa con un bambino».
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