Sempre più gravi le condizioni del bimbo

Sempre più gravi le condizioni del bimbo

Si sono aggravate improvvisamente ieri pomeriggio le condizioni del bambino di 12 anni che lunedì si è sparato alla testa maneggiando una pistola del padre. Nel reparto di rianimazione dell’ospedale Gaslini, il bambino è tenuto in vita dalle apparecchiature e si teme che sia entrato in una fase irreversibile. A meno di un miracolo nella notte, stamattina potrebbe scattare il periodo di osservazione di sei ore prima dell’eventuale espianto degli organi, se autorizzato dai genitori. Questi rimangono costantemente nel reparto di rianimazione, vicini al loro bambino, confortati dai medici. Intanto ieri è stato il procuratore capo Lalla a confermare per l’ennesima volta l’incidente. «Il bambino era solo al momento della tragedia, e non ci sono dati oggettivi tali da far dubitare sulla versione data dai genitori», ha detto. C’erano tutti ieri al nono piano di palazzo di Giustizia: oltre a Lalla il comandante provinciale dei carabinieri colonnello Rosario Prestigiacomo, il colonnello Salvatore Graci, comandante del reparto operativo e il maggiore Valerio Melchiorre della Compagnia di San Martino. Per dire che non ci sono misteri. Puntuale la ricostruzione dei fatti. L’ultimo a vedere il ragazzino è il papà che lo lascia solo in casa per andare a un corso per diventare tassista mentre la mamma è già uscita per fare la spesa e poi a prendere il figlio più piccolo al catechismo. Alle 17.45 finisce la lezione in parrocchia e cinque minuti dopo mamma e piccolo rientrano.
È la donna che trova il figlio in terra nella sua camera con il volto trasformato in una maschera di sangue. Secondo i carabinieri il figlio minore, invece, non sarebbe nemmeno entrato nella stanza. La donna pensa a una caduta dal letto a castello e vede la pistola in terra, ma la leva di mezzo: crede che non c’entri nulla, che sia solo «un ferro vecchio». Poi alle 17.58 la donna chiama il 118 e quando i soccorritori arrivano non vedono altro che il bimbo ferito. La pistola è nel bagno risciacquata e avvolta in un asciugamano (anche se non si sa in quale preciso momento ciò sia stato fatto), ma è non nascosta, la troveranno dopo i carabinieri. Mentre il ragazzino viene portato al Gaslini dove il padre (avvisato dalla moglie) è già arrivato, la donna resta con il piccolino a casa in attesa dell’arrivo del nonno. In questo periodo di tempo la donna lava il pavimento dopo che - con il figlio ferito a terra - aveva gettato su consiglio dei soccorritori un copriletto a coprire le macchie di sangue. Tutti particolari questi, che per gli investigatori non inficiano la sostanza dei fatti, ovvero l’incidente. «La mamma si è comportata in maniera irrazionale - ha detto il procuratore capo -, ma chi può dire di non aver mai fatto in vita sua cose irrazionali? Dai genitori abbiamo avuto la massima collaborazione e tutto quello che è stato trovato nella scena dell’incidente quadra».


Il bambino, secondo la ricostruzione dei carabinieri, sarebbe stato al centro della stanza, seduto su uno sgabello, in terra o addirittura in piedi: il colpo sarebbe partito in maniera accidentale e non a bruciapelo mentre il ragazzino maneggiava la pistola. Il colpo sarebbe stato in canna da tempo immemorabile. Il padre ha dichiarato di non essersi mai accorto che la pistola era carica.

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