Via Senato, esposti i tesori di carta della Biblioteca

«Ho ricevuto il dono di cui ella mi ha voluto onorare (...) Il suo libro a me pare piacevolissimo per la varietà delle materie, utile per l’importanza delle medesime, pieno di erudizione, di dottrina, e da proporsi come esempio in tanta frivolezza di pubblicazioni di ogni genere». Il libro in questione è l’Opuscolo di vario genere del letterato siciliano Vincenzo Mortillaro, pubblicato a Palermo nel 1836. A tesserne le lodi, con lettera manoscritta datata Napoli, 26 luglio 1836, è un autore ben più celebre e venerato: il poeta Giacomo Leopardi. La lettera è uno dei tanti documenti - molti dei quali inediti - contenuti nell’archivio epistolare del barone Vincenzo Mortillaro (1806-1888), acquisito nel 2000 dalla Biblioteca di via Senato. Da qui a giugno, il fondo sarà esposto per la prima volta al pubblico nella mostra «In tanta frivolezza», dedicata ai manoscritti e autografi raccolti nei fondi della Biblioteca nella sua quindicennale attività (via Senato 14, da lunedì al venerdì, tel. 02-76215329/318).
Numerose le rarità: tutte le carte del Fondo Malaparte, le lettere di Tomasi di Lampedusa al cugino Lucio Piccolo, la corrispondenza di Giacomo Manzù, alcuni celebri autografi di Niccolò Tommaseo, il manoscritto La Riforma dell’educazione di Giovanni Gentile, così come i volumi donati da Gabriele D’Annunzio, con dedica autografa, alla nobildonna Vinca Sorge Delfico. A queste si aggiungono i «diari» sulla spedizione dei Mille del genero di Giuseppe Garibaldi, Stefano Canzio, quelli più «controversi» attribuiti a Mussolini, i volumi con dedica del critico d’arte Mario De Micheli, le preziose schede bibliografiche del libraio antiquario Giuseppe Martini, o la minuta grafia di Jorge Luís Borges nel suo racconto Las ruinas circulares. Tra le curiosità «lombarde», non mancheranno di stupire il carteggio tra l’editore milanese Angelo Sommaruga e Giosue Carducci, il cui avvallo («Caro sign. Sommaruga, il fascicolo primo di Bizantina è bellissimo...») sarà fondamentale per la nascita della famosa rivista romana. O le lettere al Sommaruga di un giovanissimo «reporter» alle prime armi, Gabriele D’Annunzio, specializzato in un genere tutt’ora largamente in auge: la cronaca mondana.

Abilissimo agente di se stesso, nelle lettere al Sommaruga si «vende» già come un grande scrittore, fissando con avara lucidità i prezzi delle collaborazioni (un tanto ad articolo, un tanto a novella); ma anche pregandolo di pagare i creditori, «che siano di Roma o di Parigi»; di ricomporre lo scandalo scoppiato attorno alla sua fuga d’amore con la nobildonna Maria Hardouin di Gallese; o, più semplicemente, di comprare i fiori per il compleanno della madre, «purché freschi e che non si badi a spese...».

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