Genova per un genovese è come il liquido amniotico dellutero materno. Un tuttuno inscindibile tra terra e mare, città e rivi, campagne e terrazze. O volti le spalle al mare o dovunque tu vai la sua vista e il suo profumo ti seguiranno passo a passo, da Voltri a Nervi passando per Castelletto ed Albaro (non dimenticando Quinto). Chi ama Genova modifica il suo carattere, modifica il suo essere e riceve indirettamente gli influssi benefici della «salinità». Dal mare riceviamo tutto, direttamente o indirettamente che sia, Noi che amiamo Genova. Uno sguardo allorizzonte e il senso dinfinito cavalca automaticamente le nostre menti. Lumore cambia, al cambiare del vento e la contemplazione di un mare in tempesta ci conferma che mai nessuno potrà imbrigliare lo spirito libero di chi ama Genova. Troppo abbruttita oggi? Nuvolosa e ricurva su se stessa?
Forse troppo nuvolosi sono i pensieri di chi la vive, troppo pesante il fardello di essere stati annessi alla capitale dItalia (economicamente parlando), troppo uggiose le figure locali che ne decidono le sorti. Ma quel liquido amniotico che è il porto e il mare, con le sue navi che salpano gli ormeggi nonostante la maccaia, è qualcosa di «talmente bello, talmente forte, talmente fascinoso come dice quellabusivo di Massimiliano» che non ti permette di recidere il cordone ombelicale con la città che non a caso era chiamata la Superba. Non vi saranno mai titoli di coda per Genova e per i genovesi, il mare rimarrà per sempre, la porta aperta sul nostro e sul di Lei futuro (al massimo ci simbarca tutti). A differenza daltri posti a Noi la terra nulla ha mai dato, mentre il mare ci ha sfamato sempre e in ogni caso e in tutti i sensi.
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