Una sentenza che decide i costumi

Non sono solo condanne a morte ma anche regole di vita quotidiana per ogni buon musulmano. Che a volte però si condannano al paradossale

Non c’è che l’imbarazzo della scelta, ce n’è per tutti i gusti. Il mullah Omar per esempio ce l’ha con tutti quelli che si convertono a una religione diversa da quella dell’islam: «Ogni afghano che lo fa va punito con la morte». Consegna irrevocabile, non si scappa. L’ayatollah Al Ozma Yusef Sanei invece se la prende con gli ammalati di Aids «e colui che infetta deliberatamente altre persone è un omicida volontario». Morale: morte. Non parliamo poi di gay, lesbiche e trans. Il gran Ayatollah Ali al-Sistani li ha scomunicati tutti. Condannati a morte no, ma se ti scappa, chessò, un pestaggio o un rapimento sappi che la religione non ti condannerà certo per così poco. Dalla pena di morte non si salvano nemmeno donne e bambini, purché siano infedeli o genericamente stranieri. Ucciderli non è reato, ma perché fermarsi lì? Lo sceicco Yousef Al Qaradhawi, in caso di necessità, autorizza addirittura l’eliminazione dei «feti» di ebrei perché «una volta nati e cresciuti entreranno a far parte dell’esercito israeliano». Le precauzioni non sono mai troppe.
La fatwa di certo ha una fama sinistra, ma in fondo altro non è che poco più di un’opinione personale, una prescrizione che deve orientare per la vita di tutti i giorni e non è nemmeno obbligatorio rispettarla. Per avere valore deve uscire dalla bocca di un’autorità religiosa e fare riferimento alle sacre scritture e alla legge islamica. In molti casi vale come una scomunica, una condanna, una messa all’indice. E che ha spesso come punizione la morte.
La morte. Come pensiero fisso, come ossessione. Abu Annasal Shami, del gruppo Monoteismo e Guerra santa, benedice la decapitazione degli ostaggi colpevoli di collaborare con il nemico. Youssef Qaradawi, il più influente predicatore islamico contemporaneo, ha già assolto chi vorrà far fuori i vignettisti anti Maometto perché «i danesi e i loro simili non sono né cristiani, né Gente del Libro, ma senza Dio, dediti ai piaceri sensuali e al vizio dell’omosessualità». Lo sceicco Naser bin Hamad al-Fahd punta ancora più in alto. Sentite qui: «Se un gruppo di musulmani attacca gli infedeli e può sconfiggerli solo uccidendoli tutti, allora è permesso ricorrere alle armi di distruzione di massa». Qualche garantista a dire il vero ci sarebbe. Lo sceicco Sabeh Abdallah Bajarash per esempio, capo degli ulema sunniti dello Yemen: ne ha lanciata una per dire che sequestrare i turisti e i visitatori stranieri è vietato dalla sharia. Ma anche i cinquecento imam inglesi hanno scomunicato il terrorismo: «Chi ha messo le bombe di Londra è un non-musulmano».
Ma le fatwe non dettano legge solo su guerra, terrorismo o scontro di civiltà. Ci sono quelle che ti fanno la morale sulla vita di tutti i giorni. In genere le più curiose. Come quella che lo sceicco Abdel Salem ha lanciato sui quiz tv basati sul Corano «perché non è stato scritto per fare spettacolo». E in ordine sparso quella che vieta i gadget allegati ai prodotti «perché danneggiano la concorrenza», quella che legittima l’uso della carta di credito, quella che vieta di credere agli oroscopi e quella che proibisce, chissà perché, chi clona cd e dvd. Con i tempi che corrono però tutto si adegua. Ora anche le fatwe hanno il loro sito on line dove i fedeli possono chiedere di tutto: posso rispondere al cellulare durante la preghiera? Se lavoro in un albergo posso dare da mangiare agli americani? Bere Mecca Cola, la versione islamica della Coca, può aiutare la guerra santa? Quando mia moglie ha il ciclo posso far ricorso a pratiche solitarie?
Ci sono pure le fatwe boomerang.

Il leader religioso sudanese Hassan al Turabi ne aveva lanciata una grossa. Diceva: il matrimonio tra una donna musulmana e un uomo cristiano è valido. Reazione degli ortodossi: questa è apostasia. Risultato: anatema con condanna a morte per al Turabi. Chi la fatwa l’aspetti...

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