Alè. Il pm Woodcock o chi per lui (boh?) ha esaudito nel giro di un solo giorno la mia richiesta e ha fatto sì che le ultime telefonate tra il sottoscritto e il segretario di sciura Emma diventassero pubbliche. Nel senso che il sito del Fatto quotidiano ha ieri pubblicato l’integrale dell’audio. Ringrazio la Procura di Napoli. Certo avrei preferito averle direttamente, così da pubblicarle sul mio blog, la Zuppa di Porro. Pazienza. E sarebbe stato meglio che non ci fossero dei tagli nell’audio. Nella conferenza stampa dell’altroieri mi ero permesso di chiedere la versione integrale e non spezzoni che ovviamente possono dare un senso diverso alla conversazione. Ma mi accontento. D’altronde chi sono io per richiedere addirittura le intercettazioni delle telefonate che mi riguardano? Quando si parla al telefono la parola diventa bit, non è più nostra, non la possediamo più. Certo, in un Paese normale uno spera che le proprie chiacchiere telefoniche non siano intercettate e non siano pubbliche. Lo prevederebbe anche la Costituzione. Come le leggi vorrebbero che i file non uscissero dalle Procure con la stessa velocità della luce. Ma sin dall’inizio ho pensato che fosse necessario badare alla sostanza. Insomma, solo per me stesso chiedo una violazione delle norme a tutela degli indagati; solo per me stesso chiedo il livello minimo di garantismo, che peraltro pretendo per tutto il resto del mondo. Solo per me stesso chiedo la palese violazionedella privacy, che pretendo per un qualsiasi cittadino. Qualcuno di voi le avrà sentite ieri nei telegiornali della sera. Spero in molti lo facciano dal sito del Giornale . Anche se risentendomi al telefono, cosa che peraltro non faccio ovviamente mai, devo proprio ammettere di avere un gergo da scaricatore di porto (con tutto il rispetto verso il duro mestiere). Si parte con la mia presunta minaccia: «Ti mando i segugi a Mantova ». A parte il fatto che ciò non è avvenuto, che ciò era impossibile, che ciò non dipendeva da me, e che gli inviati si chiamano inviati e non segugi, resta il fatto che mentre pronunciavo questa presunta minaccia che è alla base della mia perquisizione, di quella di Sallusti e del Giornale , ridevo. Avete capito bene e sentito bene: rido. E continuo a farlo con una persona che ahimè conosco da 15 anni sul filo di questo paradosso: domani ti facciamo un mazzo tanto, così sei contento. Ho da fare: non posso tenere a lungo il cazzeggio. Ma insomma questa è materia che devo chiarire ovviamente con i magistrati. Chiedendo e ottenendo la pubblicazione delle mie intercettazioni passerò dei bei guai a livello personale. Qualcuno, by the way , con i miei boss. Ho dato qualche giudizio su Feltri e Sallusti, che nel frattempo è diventato direttore responsabile. Spero che non faccia come Arpisella. Sapete, quelle confidenze che si fanno con una persona con cui si ha lunga consuetudine e si raccontano anche un po’ i fatti propri. Ho offeso il capo ufficio stampa della Confindustria: intanto perché non mi ricordavo il nome e poi perché l’ho «minacciato» di un cazzotto. Sì, sì ho proprio detto la frase da bulletto «Gli do un cazzotto». La prossima volta che mi vede è autorizzato a fare il contrario. Ho pure detto che il Sole 24 ore di Riotta non mi piace, per usare un eufemismo. Ma almeno questo è noto: l’ho scritto in tutti i modi. Ricapitolando: i segugi sono «minacciati» sorridendo, e il resto sono giudizi personalissimi e privatissimi che molti milioni di italiani hanno ascoltato. Una cosa però mi secca per la sua ipocrisia: «Bonanni e Marcegaglia, due nel mirino», diceva l’altra sera la trasmissione della Gruber.
Con Bonanni indignato e persino Giannino (un amico e in altre occasioni così coraggioso) nicchia. Ma come, la mia telefonata con Arpisella su un dossier che non c’è diventa paragonabile a un candelotto gettato contro il segretario della Cisl? Io sarò un pirla, ma gli altri cosa sono?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.