Dal primo posto in solitudine con un vantaggio da record allaggancio subito da Napoli e Juventus, tutto in poco più di un mese. Il campionato della Lazio è girato con quel «maledetto» derby del 7 novembre: da allora solo due successi con Napoli e Inter, la sconfitta di Cesena (unica vera partita sbagliata della stagione), i pareggi amari con Parma e Catania fino alla beffa di Torino con il gol di Krasic e lincertezza di Muslera.
In una città facile agli entusiasmi, come agli scoramenti, il miracolo Lazio veniva già visto come un ritorno ai fasti cragnottiani. A far tenere i piedi per terra è stato in primis il tecnico Edy Reja, consapevole delle reali possibilità della sua Lazio. «Arriveremo nelle prime sei», il refrain dellallenatore goriziano, punito dal suo grande amico Del Neri mentre stava per strappare un punto che avrebbe sventato lassalto bianconero. «Sono cose che capitano - così il presidente Lotito a proposito dellautogol di Muslera - e poi in fondo non è cambiato molto. Eravamo secondi e secondi siamo adesso anche se in compagnia».
Gli ultimi 40 giorni del campionato hanno messo in evidenza il primo vero limite della Lazio: lassenza di un bomber. Floccari, Hernanes e Zarate hanno segnato 4 gol a testa, delle prime sei in classifica è lunica che non ha un elemento nei 20 migliori cannonieri del campionato. Prenderlo a gennaio, vorrebbe però dire cambiare lequilibrio della squadra, che si è ormai affidato a un modulo collaudato. E se la difesa comincia a scricchiolare (la migliore difesa nelle prime 9 giornate è diventata la terza), la colpa è dellaltro grande limite laziale: lo spessore delle alternative. I soli Ledesma e Rocchi (questultimo però scarsamente utilizzato) paiono allaltezza dei titolari, gli altri - soprattutto nel reparto di retroguardia - sono almeno un gradino sotto.
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